Poesie inedite, indagine filologica, analisi dettagliata dello schema metrico dei versi: nulla manca
all'ultimo, appassionante libro che
Camilla Miglio dedica al "suo" poeta, perché esso si presenti come uno
studio dottissimo sull'opera di Celan. Non che parlare della "materia"
(materia storica e materia concreta,
quella di pietra, cenere, fango, microclimi, sedimenti, conglomerati, stelle) nei versi di Celan, non sia
già di per sé una sfida alla tradizione critica che ha voluto e vuole, da
mezzo secolo ormai, ascoltarvi una
voce ermetica, inaccessibile, scavata
da un dolore solitario e solipsistico
che non si lascia dire. Anzi, contro
questo pregiudizio muove l'intera prima parte del libro, con le sue
riflessioni sulla natura radicalmente dialogica della parola celaniana,
una parola che passa "di mano in
mano" e vive nel segreto di una peculiare polifonia. Ma a Miglio preme meno la polemica nei confronti di un certo dibattito critico, che
non l'ascolto delle poesie. Grazie
a questo ascolto, educato nell'assiduità del dialogo con il poeta, la
studiosa riesce a cogliere tanto la
familiarità di tale "grana della lingua" poetica con le cognizioni della fisica quantistica, della botanica,
della biologia, della storia naturale
nel suo complesso, quanto la sua intrinseca musica.
Molto è già stato scritto, è vero,
sulle strutture musicali che, a cominciare da Fuga di morte, scandiscono il tempo del verso celaniano;
tuttavia, simili forme musicali (fuga, stretto, ricercar) sono auscultate dalla studiosa soprattutto in
quel gesto contrappuntistico che
esse hanno in comune: la "provocazione fugale, il passo che incede
`contro'' Sicché il poema Ricercar,
che Celan compose un anno dopo II Meridiano, e che Miglio ha
ritrovato insieme con le sue successive versioni fra gli scartafacci
del poeta custoditi al Literaturarchiv di Marbach, appare nella seconda parte del libro nella luce di
una riflessione critica che ne palesa l'imprescindibile orizzonte poetologico. Contro le accuse di plagio
rovesciate su Celan da Claire Goll,
un simile recupero del Ricercar, forma della musica barocca riscoperta
nel Novecento, consente al verso di
rivendicare la propria vocazione al
"polilogo"; alla voce multipla, e di
rifondere e ricitare immagini che in
passato hanno accompagnato il suo
cammino, così riaffermando "legittimità e necessità di questo modo
di comporre che è il cuore della sua
poesia, e forse per questo la sua parte più vulnerabile':