a notte fra il 4 e il 5 agosto di sessant'anni fa moriva Marilyn Monroe: fu
uno dei traumi di una generazione di
giovani diversa da tutte le altre, che
aveva cominciato a conoscere nuovi consumi e
nuove inquietudini, gli Usa avvertivano i primi segni
di rivolta giovanile. Moltissimi scrissero di lei, e
Marilyn diventò presto l'archetipo della diva Perché era stata l'ultima diva possibile, arrivata troppo
tardi per la Hollywood che credeva a se stessa e
troppo presto rispetto alla contestazione di quel
mondo. La Marilyn dei poeti è al centro di un saggio contenuto nel libro Il vampiro, la diva, il clown
di Riccardo Donati (quodlibet, 123 pagine, 12 euro), che analizza tre "spettri cinematografici": il
vampiro di Dreyer, Charlot e appunto Marilyn. Oltre alla poesia di
Pasolini contenuta nel film La
rabbia vengono citate le liriche di
Luzi, Bellezza, Magrelli (esempi di
quello che l'autore definisce «petrarchismo divistico») e brani del
Gioco dell'oca di Edoardo Sanguineti.
Ed è uscito questa settimana
La bellezza di Marilyn (contrastobooks, 104 pagine, 19,90 euro),
che raccoglie, accompagnati
dalle immagini dei fotografi della
Magnum e da un saggio di Goffredo Fofi, alcuni testi noti e meno
noti: la poesia di Pasolini, la Preghiera per Marilyn del frate rivoluzionario nicaraguense Ernesto
Cardenal, che paragona il suo corpo al tempio
evangelico profanato dai mercanti, un commosso
necrologio di Piergïorgio Bellocchio sui Quaderni
piacentini («Eravamo tutti innamorati di lei») e il
sublime racconto di Truman Capote in cui, anni
dopo la sua morte, lo scrittore rievocava un pomeriggio con l'attrice a metà anni Cinquanta. Una
bellissima bambina, si chiama, ed è forse il più bel
ritratto "da vicino" di una diva che sia mai stato
scritto