Recensioni / La partecipazione nelle aree interne: il processo partecipato di Borgofuturo+

La partecipazione ha avuto una stagione di fioritura in Italia verso la fine degli anni Novanta (1998), in occasione dei cosiddetti Contratti di Quartiere. Avviati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si configuravano come programmi sperimentali per il recupero urbano, con particolare riferimento all’edilizia pubblica, «in quartieri segnati da diffuso degrado […] dell’ambiente urbano e da carenze di servizi in un contesto di scarsa coesione sociale» (inu 2000). Gli ambiti di intervento erano principalmente le periferie dei capoluoghi delle aree metropolitane.

La partecipazione, in contesti denominati «aree urbane sensibili», aveva come principale finalità l’«accompagnamento sociale» degli abitanti con attività di coinvolgimento. Il problema era come riuscire ad avere partecipanti e superare una radicata sfiducia nelle istituzioni – e di supporto ai destinatari della trasformazione urbana in corso, per affrontare meglio i disagi (ad es. la cantierizzazione dell’area) – o per poter cogliere alcune opportunità (ad es. l’implementazione di alcuni servizi locali). La «facilitatrice» e il «facilitatore» sono individuati come nuove figure professionali capaci di attivare e gestire le interazioni necessarie per un processo/programma complesso di trasformazione urbana, nel quale sono coinvolti differenti attori, portatori di diversi interessi – stakeholder –, fra istituzioni, professionisti e abitanti/ fruitori attivi.

I facilitatori in quell’occasione provenivano quasi sempre dall’ambito del social work, così come le tecniche di partecipazione erano anch’esse trasferite da un ambiente di care giving (Folgheraiter 2004), dove si erano consolidate, a un altro, quale la progettazione urbana. Si tratta in un certo senso di una sorta di imprinting che avrà delle conseguenze nelle modalità di declinare la «partecipazione» in relazione alla pianificazione e alla progettazione urbana e territoriale in Italia. L’accreditamento tecnico, culturale e politico della «partecipazione» si avrà, sulla scia di quella esperienza, più sul fronte della cosiddetta «animazione di comunità» e dell’«ascolto attivo» in contesti difficili a cui fornire supporto. Parallelamente, si avrà una naturale collocazione della partecipazione come componente implicita dell’«azione collettiva» (Savoldi 2006) di gruppi autorganizzati e per l’auto-rappresentanza dei cittadini, ad esempio i «comitati», nell’accezione di una progettazione dal basso che fornisce alternative alle scelte non condivise delle istituzioni. Sia nell’uno che nell’altro caso la partecipazione è evocata come un «contesto» dell’«agire» più che uno strumento proprio del «progettare».

Nella prospettiva del «protagonismo sociale» (Baiocco, Savoldi 2016) si inscrive anche la versione «pattizia», fra istituzioni e cittadini, come quella proposta ad esempio da Labsus per la gestione dei «beni comuni», dove l’attenzione è, ancora una volta, sul prendersi «cura del» e «in carico il» patrimonio sottoutilizzato della città, e la partecipazione è soltanto il presupposto di un accordo, fondato sul principio di «sussidiarietà», fra abitanti «attivati» e amministrazione locale, per un’azione concordata di gestione del «bene». Più rare e, paradossalmente, meno istituite sono invece le esperienze di progettazione urbana e territoriale che integrano processi partecipativi e d’interazione come fondamento del «progettare», facendo uso di tecniche specifiche. Quello delle «tecniche di partecipazione», sensu latu è ormai un universo, quindi infinito, di matrice principalmente anglosassone, fatto proprio da soggettività locali e sovranazionali (si veda l’attenzione della ue al riguardo!).

Quello delle tecniche di progettazione urbana e territoriale partecipata, sensu stricto, in Italia è ancora un oggetto di interesse del tutto marginale, solo evocato, senza alcuna istituzionalizzazione, a fronte di un «discorso pubblico» al riguardo poco informato.

L’esperienza di progettazione locale per aree pilota della snai (Stategia Nazionale delle Aree Interne) nel settennio 2014-2021, con un approccio istituzionale, per la prima volta in Italia, area-based o place-based, ha evocato, proprio nelle criticità attuative, il fantasma di quel vuoto della cultura progettuale nostrana. Il merito della snai va però anche valutato in misura di un rafforzamento, su basi analitiche, del concetto operativo di «sistema locale». La spinta della snai verso l’intercomunalità come l’orizzonte minimo per costruire «senso» a qualsivoglia progettualità locale, così come la necessità di una governance «partecipativa» multilivello, costituisce ancora il terreno da esplorare e praticare.

Le aspettative che consideravano il cratere formatosi in seguito agli eventi sismici della sequenza del 2016-2017 del Centro Italia e relativa «ricostruzione» come un’opportunità per istituire la progettazione urbana e territoriale partecipata come una tecnica e, allo stesso tempo, come una nuova cultura del progettare, al pari ma in modo rinnovato della stagione dei Contratti di Quartiere di cui sopra, sono state ampiamente deluse. Le rare sperimentazioni sono state recise sul nascere. È in relazione al contesto sin qui brevemente descritto che va compresa l’iniziativa di 2020: il coinvolgimento di quattro comuni in un «quattro per quattro» tavoli di pianificazione collaborativa (a cui poi si sono aggiunti altri due) per un medesimo evento partecipativo ci dice che per ogni progetto urbano da sviluppare nei territori interni occorre una prospettiva intercomunale; ci dice inoltre che per una progettualità intercomunale che si voglia realisticamente perseguibile nei territori interni, la partecipazione «torna utile».

Il processo di dialogo comunitario innescato da Borgofuturo+ durante l’estate 2020 ha rappresentato l’applicazione di un approccio territoriale ai meccanismi di coinvolgimento della cittadinanza nella decisione pubblica. Il particolare tipo di territorio in questione, infatti, caratterizzato da micro-urbanizzazioni sparse, e per questo con meno occasioni di interazione, ha motivato la scelta stessa del metodo di lavoro: su più comuni, per più date e temi, e in collaborazione con soggetti locali e non, per la costruzione di una visione comune, che ne integrasse le diverse istanze e ruoli.

In un anno in cui una pandemia di scala globale e dalle conseguenze sconosciute alla storia moderna rendeva difficile anche le più semplici funzioni quotidiane, le amministrazioni della Val di Fiastra hanno trovato la volontà di superare antiche resistenze e, con l’aiuto dell’associazione Borgofuturo nella nuova veste di facilitatrice di comunità, nella prima occasione utile dopo mesi di quarantena si sono riunite per definire un piano condiviso per l’estate a venire. In linea con la tendenza generale a un approccio intercomunale alla pianificazione, questa associazione di comuni ha sviluppato l’idea di estendere a tutta la vallata e durante quattro finesettimana consecutivi una programmazione culturale fino ad allora pensata solo per Ripe San Ginesio, accompagnandola con un lavoro di consultazioni pubbliche che costituissero una base partecipata alla stesura di una futura strategia comune.

Dopo aver convenuto nell’incontro in plenaria sulla necessità di dare priorità ai macro-temi della sostenibilità e della qualità della vita, si è proceduto a organizzare incontri specifici con ogni amministrazione coinvolta per concertare la declinazione di tali temi in relazione alle peculiarità di ognuna di esse. Da tali incontri è scaturito un documento di programmazione preliminare poi condiviso con tutte le amministrazioni per l’approvazione finale. Ripe San Ginesio, con il suo storico di iniziative virtuose per la rigenerazione del borgo, è così votato a ospitare l’incontro sulla valorizzazione dei centri storici e la creazione di una rete di presidi e infrastrutture culturali e turistiche diffuse e a misura di borgo. Colmurano, con la centralità che da anni dimostra di dare alle tematiche connesse con il mondo dell’infanzia, è designata sede dell’incontro sull’educazione ambientale e la conoscenza del territorio.

A Urbisaglia, invece, che come rivela il suo stesso nome (dal latino Urbs Salvia, città romana del ii sec a.C.), è testimone da secoli della storia e della cultura locale, viene assegnato il tema della promozione della cultura nei borghi. Infine Loro Piceno, valorizzando da anni la tradizione gastronomica locale, viene scelta per ospitare l’incontro in cui si discute della valorizzazione del territorio nelle sue declinazioni agricole e culinarie. Successivamente, le amministrazioni comunali e Borgofuturo, attingendo dalla rete di collaborazioni intessuta in anni di lavoro sul territorio, hanno avviato una fase operativa di individuazione e coinvolgimento degli attori locali che fossero interessati, per tematiche e/o legami personali con il territorio, a partecipare a una o più delle quattro giornate di consultazione pubblica. In seguito alla pubblicazione e alla diffusione, per mezzo dei canali istituzionali delle amministrazioni e le pagine web dell’associazione, di un annuncio sul programma e le finalità delle giornate e di un invito aperto a parteciparvi, un numero di interessati ha risposto positivamente all’iniziativa, sia dal settore civile che da quelli imprenditoriale e istituzionale. Sulla base di tale adesione, si è scelto di coinvolgere almeno cinque attori per comune a ogni incontro, cercando di garantire una varietà e completezza di opinioni.

Ultimata la selezione degli attori locali, membri dell’associazione Borgofuturo hanno provveduto a introdurre telefonicamente la struttura e il tema dell’incontro, condividendo quindi il documento introduttivo via e-mail. Inoltre, per ogni incontro, Borgofuturo ha messo a disposizione almeno due facilitatori per tavolo e ha provveduto a coinvolgere professionisti o accademici del settore trattato, sia perché si occupassero di introdurne il tema e di contestualizzarlo nella realtà locale, sia perché partecipassero al dibattito conclusivo al termine e sulla base delle consultazioni. Un totale di oltre 100 persone ha preso parte ai tavoli.

I quattro incontri, ognuno col suo tema, la sua sede e la sua data, sono stati strutturati con una logica comune:

• introduzione al tema a cura di esperti del settore, generalmente professionisti o accademici legati al territorio che potessero delineare il campo di azione del tavolo, il suo stato dell’arte in generale e la sua contestualizzazione sul territorio in particolare (durata 1 ora);

• divisione dei presenti in tavoli di lavoro da 10-15 persone, in modo da evitare gruppi di lavoro troppo grandi, garantendo comunque un’adeguata rappresentanza delle varie categorie di attori coinvolte (ad es. settore civile, delle imprese, istituzionale ecc.), nonché una dinamica interattiva e inclusiva al dibattito (durata 2 ore);

• redazione di una sintesi condivisa delle questioni emerse dai tavoli a opera dei facilitatori presenti ai tavoli (durata 30 minuti);

• incontro pubblico per restituire la sintesi e intavolare un dibattito finale su tali basi. Alla presenza di ospiti invitati espressamente per l’incontro pubblico, sono state discusse le idee e le proposte dei tavoli, apportando un punto di vista esterno al dibattito (durata 1,5 ore).

Previamente a ogni incontro, i facilitatori si riunivano per stabilire un piano di moderazione condiviso sulla base di domande e modalità che garantissero la successiva messa a sistema e coerenza del risultato. In particolare, le domande seguivano una logica potenzialità-criticità-proposte che ha poi consentito una restituzione sintetica finale chiara e accessibile. L’equa partecipazione dei presenti al tavolo è stata incentivata attraverso un primo turno di presentazioni iniziali, in cui ognuno condivideva il proprio interesse per il tema dell’incontro, e la possibilità per ognuno di rispondere a turno alle domande poste prima di passare al dibattito libero. Le note redatte dai facilitatori presenti ai tavoli, organizzate schematicamente in delle liste di punti sotto le tre direttrici delle domande poste, sono state poi condivise via e-mail con gli stessi partecipanti, chiedendo loro di integrare dove lo ritenessero necessario.

L’elaborazione scritta della versione finale di tali note è inclusa a seguire all’interno di ogni capitolo riguardante i vari tavoli. Sulla base delle idee scaturite da tali consultazioni, nell’impossibilità di un secondo incontro fisico, si sono poi organizzati ulteriori «tavoli» progettuali sulla piattaforma online miro.com, in cui figure interne all’associazione Borgofuturo, con altre esperte nell’ambito della progettazione, hanno declinato le proposte dei tavoli in obiettivi specifici e azioni concrete su cui basare la strategia di vallata. Accanto alle azioni, si sono anche individuate le risorse, sia umane che economiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi. Questi capitoli sono stati poi oggetto di confronto con le amministrazioni che, adattandone alcuni aspetti, hanno deciso di condividerle e portarle avanti attraverso un Patto intercomunale di vallata.