Recensioni / Gioventù bruciata da nausea psichica

Guai a chi dice che le recensioni non servono a niente. Servono eccome, purché siano chiare e motivate. Come diceva Giovanni Raboni, la funzione della critica è «ricordare, a costo di apparire pedanti e noiosi, quali sono e dove sono i valori». Parola desueta, «valore», a meno che non sia intesa come valore di mercato (classifiche e altro). Per esempio, non si è visto tra i best seller un romanzo sorprendente come La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera (Quodlibet). Autore: Alberto Ravasio, che la quarta di copertina descrive come trentaduenne «filosofo non praticante» di Bergamo. A proposito di recensioni, mi hanno spinto a comperare (e a leggere) il libro di Ravasio due recensioni: quella di Daniele Giglioli sulla «Lettura» e quella di Mario Barenghi su «Doppiozero». Il quale Barenghi segnala una frase-chiave, pronunciata da un amico del protagonista, Guido Coprofago: «Da bambini ci hanno ingrassati di desideri. E quando poi siamo cresciuti, c'hanno detto che erano finiti i soldi». Infatti, il trentenne Sputacchiera, ex studente di filosofia, disoccupato, abulico, anestetizzato dallo squallore della provincia del Nord in cui è cresciuto, vive ancora con i suoi genitori, una madre matta (ma non troppo) e un padre avulso e ipermaschio: il vergine Sputacchiera, depotenziato a tutti i livelli, non ha mai toccato il corpo di una donna (neanche un gomito per sbaglio) ed è un pomodipendente online. Afflitto da «nausea psichica», recluso nella sua stanzetta-bunker, si sveglia una mattina «col muso sprofondato in un bel paio di seni: I suoi». Si è transessualizzato, è diventato una donna. ]l «deragliamento identitario» è un palese richiamo al Gregor Samsa di Katka, così come è a suo modo kafkiana la lettera al padre che chiude il libro. Ma ciò che conta, più delle criptocitazioni (Fantozzi compreso), è l'intenzione grottesca e iperbolica di raccontare il presente generazionale, l'incapacità di detonare, la fobia del futuro, la solitudine digitale, l'assenza dei padri, senza facili sociologismi (ma con qualche sottolineatura didascalica) né riguardi politicamente corretti. È un romanzo verità parodico ed espressionista sulla confusa contemporaneità, tutta da ridere e un po' anche da piangere. Da consigliare come vademecum tragicomico ai candidati del 25 settembre. E anche agli elettori.

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