Recensioni / «Effetto Sicilia». Genesi del romanzo moderno


«Da Verga in poi narrare diventa un'operazione di verità, di scavo e di "oltraggio"» (p. 7): cosí, nella pagina d'apertura, Carlo Madrignani condensa in poche battute l'assunto di fondo del suo ultimo saggio, Effetto Sicilia, pubblicato nel 2007 per i tipi di Quodlibet. A mezzo di una serie di saggi dedicati a testi e a scrittori esemplari, il libro propone un ambizioso attraversamento della letteratura prodotta in Sicilia dal 1880 ai giorni nostri. Da Capuana a Navarro della Miraglia, da Verga a De Roberto, da Pirandello a Tomasi e a Sciascia, fino alle più recenti prove di Consolo, Camilleri, Alajmo, Piazzese e Calaciura, Madrignani ripercorre più di un secolo di narrativa isolana nel segno di un'audace opzione teorica.
Per lo studioso, la tradizione narrativa dei siciliani è infatti fortemente caratterizzata da un'identità peculiare, da una cifra distintiva, che, pur nella varietà delle esperienze individuali, rivela una coesione d'insieme e si declina nell'incedere collettivo di una omogenea, ininterrotta ricognizione delle storture del vivere. In questa prospettiva, le singole opere si configurano come le tessere di «un'autobiografia dell'isola» che si fa, al contempo, "autobiografia della nazione". Dalla specola liminare e periferica dell'isola, dalla prospettiva della lontananza, lo sguardo impietoso dei siciliani si appunta allora sulle contraddizioni della storia italiana, che complessivamente è assunta a oggetto d'una raffigurazione problematica, sino a tradursi narrativamente nell'ottica dello smascheramento.
Di fatto, a cominciare da Verga, il romanzo siciliano s'incentra sul tema cruciale del «vero»; investiga le ragioni del «Male», nella sua duplice accezione sociale ed esistenziale; si confronta con il nodo irrisolto della «giustizia» e delle sue contraffazioni. In tal modo l'«effetto Sicilia», scatenato dall'apparizione sulla scena nazionale del romanzo verista con la sua spietata carica di obiettività, ha un impatto dirompente sulla cultura del continente, al punto che, come ci ricorda Madrignani, «senza Verga e i suoi conterranei ogni discorso sul nostro romanzo non avrebbe un referente adeguato» (p. 9). Di più, il critico si spinge a suggerire che l'originale modello romanzesco, elaborato da Verga, Capuana e De Roberto, inaugura una nuova stagione letteraria e assume la valenza di un atto fondativo, rivoluzionando dal profondo i paradigmi del narrare e gettando le basi per la «genesi del romanzo moderno». I caratteri decisivi del romanzo come forma della modernità consistono quindi nella percezione e nella denuncia della crisi, nell'assenza di assoluti, nella resa oggettiva di un reale violento, dominato dalla logica economicistica della sopraffazione, nel rifiuto di ogni visione pacificata e idealizzata dei processi storici.
Tali elementi di rottura, che dapprima connotano l'estetica radicalmente laica e la salutare intransigenza dell'istanza verista, finiscono poi con l'oltrepassare i confini della letteratura siciliana, producendo una più vasta e generale trasformazione dei tradizionali codici narrativi. Questo anche a dispetto del comprensibile disorientamento dei lettori del tempo, che, come sottolinea l'autore, si trovarono a fare i conti con la perturbante vitalità di un inedito repertorio d'immagini e di temi, contrassegnato da una ineludibile impronta regionale, tale da suscitare nel pubblico continentale un atteggiamento equivoco di «sospettosità preventiva» e di «attrazione "coloniale"» (p. 24). D'altro canto, è proprio in Sicilia che la lezione di Verga e De Roberto può beneficiare di un humus straordinariamente fertile, tanto più congeniale ad assimilarne autenticamente la consegna.
Madrignani individua la specificità del romanzo in Sicilia nell'ambizione di «disvelare le leggi non scritte del vivere collettivo» (p. 9), laddove l'assillo conoscitivo ha il suo corrispettivo nel rovello stilistico. Vale a dire che le scelte formali degli scrittori esaminati in Effetto Sicilia risultano funzionali all'espressione della realtà rappresentata, veicolano sempre un «pungolo gnoseologico» (p. 238). Ogni «edonismo» e «narcisismo» della scrittura è bandito dai romanzi di Verga, De Roberto, Pirandello e Sciascia; persino le esasperate esuberanze barocche di Consolo e il giocoso intrattenimento delle più riuscite opere di Camilleri convogliano un'urgenza civile, restituiscono il senso di una sfida intellettuale. Il «culto del vero», come evidenzia lo studioso, è allora il «contrassegno di autenticità genetica» (p. 239) che sigla la tradizione letteraria isolana. Ma il «culto del vero» si risolve anche in un irriducibile «oltraggio», per usare una parola chiave che ricorre più volte nel saggio: l'assunzione del vero nella narrativa oltraggia e viola le convenzioni di un romanzesco edulcorato e consolatorio.
Muovendo da questi presupposti l'analisi di Madrignani segue lo svolgimento di questa “linea siciliana”, procedendo in un percorso cronologico che, di volta in volta, si concentra in calibrati affondi critici, apre delle finestre che guardano a singole opere, ciascuna delle quali è a suo modo esemplare e legata alle altre da un rapporto di contiguità. Così, nella sua coesione, il libro acquista il valore di una ricapitolazione e di un bilancio del lungo lavoro di ricerca che ha impegnato l'autore per quarant'anni: in Effetto Sicilia, lo studioso ritorna consapevolmente a interrogarsi su argomenti che da sempre sono stati al centro dei suoi studi, sintetizza gli approdi di un impegno critico continuativo e di un interesse, mai venuto meno, per la produzione siciliana dell'Otto/Novecento. Per quanto rigoroso e dettagliato, Effetto Sicilia è dunque anche un libro personale e testimonia la lunga fedeltà dello studioso a un'idea di letteratura antagonista e «fattuale», qual è quella di Verga e dei suoi successori, capace di dare «visibilità ad un mondo "distorto"» (p. 9).
Nondimeno tra gli scritti precedenti e quest'ultimo saggio si avverte comunque uno scarto, un mutamento di stile e di prospettiva. In primo luogo, qui Madrignani sposta sensibilmente l'asse del discorso, riservando un'attenzione privilegiata non più alle forme e ai codici di rappresentazione del reale, già investigati nelle monografie dedicate a Capuana e a De Roberto, bensí alla rappresentazione del vero. Dalla mimesi realista all'inchiesta sulla verità: è uno slittamento del punto di vista che coincide con un allargamento di campo, permettendo all'autore di inquadrare da un'ottica unitaria gli esiti pii significativi di un'intera tradizione letteraria.
In secondo luogo, gli studi già pubblicati, quali, per esempio, le analisi di Tortura di Capuana e dell'Imperio, sono comunque rielaborati e riscritti. La rielaborazione implica alle volte la ritrattazione e il ripensamento di certe prese di posizione precedenti: emblematico è il caso del giudizio sull'opera di Capuana, la cui forza di penetrazione adesso viene drasticamente ridimensionata Invece, la riscrittura va nella direzione dell'alleggerimento e della linearità. Effetto Sicilia è un testo di facile leggibilità. L'obiettivo dell'autore è rendere il più efficace e il più trasparente possibile il processo dell'analisi. Per questo viene abbandonata la tipica struttura del saggio accademico: la bibliografia è abolita, le note sono soppresse, come anche scarseggiano, fino a sparire del tutto, i riferimenti alla storia della critica e i richiami al lavoro di altri studiosi. Persino le citazioni dai testi letterari non sono corredate da nessuna indicazione bibliografica (e questo rischia di provocare un certo smarrimento nel lettore specialista, costretto ad andare a caccia autonomamente delle fonti da cui sono tratti i passi riportati nel saggio). Questa "irriverente" strategia compositiva obbedisce a un intento di semplificazione: il libro si rivolge a un pubblico più ampio di quello composto dai "lettori di professione" e la scelta di spezzare la dipendenza dalle forme di espressione accademica finisce per mettere in dubbio lo statuto stesso del saggio scientifico. Madrignani ingaggia un solitario corpo a corpo con i suoi autori più cari, nella convinzione che la critica sia libertà, chiarificazione e auto-chiarificazione. Una libertà che non scivola mai nel dilettantismo, anche perché viene conquistata dopo un lungo percorso di ricerca, quasi che lo studioso suggerisse ai suoi destinatari che chi va in cerca di riscontri più puntuali e di verifiche bibliografiche ha sempre la possibilità di consultare gli altri suoi testi.
Il filo rosso che guida Madrignani nel tracciare una moderna genealogia dei siciliani è dunque l'inquietudine conoscitiva della pratica letteraria che, a tratti, «raggiunge i limiti di una sfida insopportabile» (p. 7). Una sfida aperta alla fine dell'Ottocento da un gruppo di scrittori catanesi, che incubando precocemente le innovazioni della cultura francese, danno vita a quello che Madrignani, come già da tempo Natale Tedesco, definisce come il «rinascimento siciliano del 1880». A Verga, Capuana e De Roberto è riservata la parte più consistente del libro. L'individua irripetibilità della loro esperienza artistica è illuminata con una visione di scorcio, acuendo all'estremo la percezione dello spaccato di singoli testi e, il più delle volte, rileggendone proprio quegli scritti che dalla vulgata critica sono ritenuti, a torto, prove “minori". Non il Verga dei Malavoglia e del Mastro don Gesualdo, dunque, ma il Verga inusuale di Dal tuo al mio, del Reverendo, di Drammi intimi e della Caccia al lupo, con il suo cinico scavare nelle zone oscure di un'«umanità schiavizzata dal bisogno e dall'ossessione delle ricchezze» (p. 34). Un'analoga antropologia della società e delle sue trasformazioni tracima anche dalla rilettura di Tortura di Capuana, dove la «teatralizzazione analitica» (p. 79) dei sussulti della psiche riproduce le contraddizioni della morale borghese, che si dibatte tra trasgressione illecita e amore istituzionale. Più articolati e trasversali i saggi derobertiani, che assegnano un risalto prioritario all'interpretazione del pessimismo nichilistico e alla scandalosa oggettività di una narrazione che «costringe il lettore a guardare in faccia la sostanza che si cela dietro le maschere del vivere sociale» (p. 133).
In modi diversi, impliciti o espliciti, la letteratura successiva risente dell'influenza del modello verista, recuperandone in prima battuta la problematica ricerca della verità, l'attenzione per i "vinti" della storia, il confronto serrato con la specificità del contesto geografico isolano. Esplorando l'intreccio tra norma ed eversione, Madrignani indaga quindi il rapporto che Pirandello intrattiene con la difficile eredità di Verga, «maestro disconosciuto ed emarginato» (p. 139). Particolarmente avvincente è, in questo contesto, l'esercizio di lettura intertestuale che mette a comparazione la novella verghiana Un processo con La verità di Pirandello: nel passaggio dall'uno all'altro testo, se il concetto stesso di verità è complicato e problematizzato, resta comunque invariata la percezione pessimista di una «negatività paradigmatica» (p. 156). In forme più radicali, l'ossessione della verità pervade l'opera di Leonardo Sciascia, dove il «culto della verità» è «premessa e termine ultimo dell'impegno civile» (p. 202). La passione interpretativa di Sciascia e il suo «atteggiamento interrogativo» (p. 223) costituiscono un lascito impegnativo, raccolto con coraggio dalla narrativa siciliana di fine Novecento, che affianca allo scavo conoscitivo lo scavo nel linguaggio, nell'inesausta ricerca di una lingua narrativa capace di esprimere la barbarie di una modernità corrotta.
Effetto Sicilia s'inserisce così in un dibattito critico di lunga durata relativo alla possibilità di individuare una peculiarità siciliana all'interno del quadro letterario nazionale. Un dibattito alimentato dalle riflessioni degli stessi scrittori e sviluppato, tra gli altri, nei contributi di Di Grado, Contarino, Merola, di cui vale la pena di ricordare almeno il libro più recente, La linea siciliana della narrativa moderna. Verga, Pirandello & C. (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006). Di Tedesco soprattutto, la cui prolungata e competente indagine sulla geografia storica della letteratura siciliana, culminata nella realizzazione del volume VIII della Storia della Sicilia, anticipa e si accompagna alla parallela ricerca di Madrignani.
Altri nomi, ugualmente significativi, si potrebbero aggiungere alla galleria di ritratti intellettuali disegnata in Effetto Sicilia, ma, com'è ovvio, le scelte di lettura comportano sempre una certa imprevedibilità e una qualche parzialità nel gioco delle esclusioni e delle inclusioni. In effetti, al di là dell'assenza di Vittorini, D'Arrigo, Fiore e Bufalino, più che altro a sorprendere è l'omissione di Brancati: lo scrittore di Pachino avrebbe forse meritato un più attento esame, proprio perché il suo modello di onestà intellettuale e di eticità si propone come antidoto alle derive ideologiche e al conformismo. Ma è anche vero che Madrignani non mira affatto alla completezza, non punta a inventare un "canone", né a stilare una lista limitata di autori selezionati. Piuttosto il saggio ci restituisce l'idea di una tradizione, analizzata per frammenti, intesa come movimento sempre in corso e mai fissato una volta per tutte, come incrocio contrappuntistico di voci che dialogano l'una con l'altra, nella continua reinvenzione del passato e nel perpetuo confronto con la storia e con il presente.
In questo senso, Effetto Sicilia è dunque un saggio "militante", che propone un'idea forte di letteratura, radicata in una situazione geografica concreta, legata alla temporalità, dinamica, laica e antagonista, la cui funzione è essenzialmente critica e investigativa.