Recensioni / Le parole non sono di questo mondo

Hugo von Hofmannsthal (1874- 1929) in cuor suo sapeva che le lettere scambiate con Edgar Karg, il guardiamarina, sarebbero state apprezzate e pubblicate prima o poi. Oggi, grazie a Quodlibet, possiamo leggere parte del carteggio che i due si scambiano tra il 1892 e il 1895. Il titolo è Le parole non sono di questo mondo ed è curato da Marco Rispoli. La storia editoriale del volume è particolare: come cartina tornasole di una certa generazione a Weimar vogliono pubblicare un libro in poche copie, un libro che dia conto in breve di una visione mitteleuropea; così Hofmannsthal scrive all'amico, chiede di farsi inviare qualcuna delle loro lettere, spera che a lui l'idea possa piacere; purtroppo però Edgar Karg von Bebenburg morirà da lì a poco di tubercolosi e non riuscirà mai a vedere questo volume. Nel libro domina il tema dell'amicizia vissuta come un dono, i due si coccolano con lunghe lettere, le parole di uno sono il balsamo dell'altro. Hofmannsthal all'inizio sembra invidiare la vita avventurosa dell'amico imbarcato su una corvetta di medie dimensioni e diretto in Asia orientale ("Tu puoi scrivermi di tanto in tanto ciò che vi dite quando la grande solitudine vi avvicina l'un l'altro, e io ti racconterò quel che passa per la testa a uno che è reso un po' ebbro dalle cavalcate nel Prater o dalla musica o dal profumo della coquetterie". E poi continua: "Tu vedi nuove terre e regioni, io leggo libri; tu provi i pericoli veri e belli e io, almeno talvolta, il piacere di un'eccitante confusione"). L'amico, al contrario, lamenta la noia della vita a bordo, il rapporto non sempre sereno coi compagni e coi superiori, i grandi momenti di solitudine e di tristezza ("Carissimo Hugo. Soltanto un segno di vita. Di giorno molte agitazioni e molte distrazioni, di notte per lo più stanchezza, nel complesso un pochettino low-spirited, benché mi vada bene"), e poi ancora i numerosi interrogativi sull'arte, sulla sua irrisolta voglia di conoscere, sapere, scoprire. Hofmannsthal, allora, amico, padre e confidente apre e chiude continuamente delle brecce, le farcisce di luce e le rispedisce al mittente. In linea con Goethe, Novalis, Musil, Broch, ma anche con lo stesso Gottfried Benn (c'è una evidente cuginanza d'intenti poetici tra loro), gli consiglia di far tesoro di tutto, di cercare l'assoluto nella frammentarietà delle cose e non nel loro intero, di sentirsi in colpa e pieno di responsabilità anche davanti al canto degli uccelli nel bosco, se è necessario. "L'intero mondo è un discorso fatto alla nostra anima da ciò che è incomprensibile" scrive Hofmannsthal, e bisogna "imparare ad ascoltare dentro se stessi in modo tale da dimenticare tutto questo frastuono", senza nemmeno tentare di dare un nome alle cose, poiché "le parole non sono di questo mondo, sono un mondo a sé stante, un mondo del tutto indipendente". Ha appena 18 anni quando lo scrive.