Recensioni / Tragicommedie moderne

I risvegli, si sa (e lo sa ancora di più la letteratura), possono essere complicati. Ma quello che attende il trentenne protagonista del primo romanzo di Alberto Ravasio, La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera, non ha precedenti. Quando apre gli occhi, infatti, si scopre «transessualizzato» in donna. Ovvero si vede capovolto nel suo chiodo fisso, rovesciato nella forma tanto cercata e mai raggiunta. Ma anche diminuito del suo centro, per sempre scisso dal pene e «assorbito dalla sabbia mobile della vulva». Il sesso è il gurgite del suo fallimento: attorno al suo vuoto - dove galleggiano patetici tentativi liceali e universitari di avvicinamento al pianeta delle donne - si coagula l'altro vuoto, quello di una vita senza vie d'uscita. Sputacchiera, malinconico sottoprodotto di una «generazione perduta in partenza, sin dall'utero», è infatti lo sconfitto per definizione. Vittima di «labirintite cognitiva», ha sprecato i suoi giorni prima tra le aule di Giurisprudenza e poi quelle di Filosofia, senza completare gli studi. Poi non si è mai cercato un lavoro. Mosso da impulsi contraddittori, ha assunto le fattezze dell'intellettuale fallito, trascorrendo le giornate chiuso a scrivere nella propria cameretta, con quello che presenta ai genitori come «metodo proustiano».
Proprio i genitori, del resto, nei suoi confronti praticano il più disilluso «negazionismo»: fingono cioè che lui non sia presente tra le pareti domestiche, limitandosi a fornirgli «il cibume, puntuale e premuroso, tre volte al giorno». Altro che grigiore, la storia di Sputacchiera ci immerge nello squallore più radicale, da cui è esclusa qualsiasi speranza di redenzione. Come mai allora Sputacchiera non ha ceduto alle lusinghe della «bella arte del suicidio»? Cosa l'ha trattenuto al di qua della soglia? A salvarlo è stata un'apparizione. O, detto altrimenti, è stata la possibilità di installarsi in un'altra dimensione, estranea a tutto. Il suo salvagente è stato il Porno (rigorosamente con la maiuscola), il più potente simulacro del sesso, diventato l'unica e ossessiva strategia per sopravvivere «dimenticandosi di vivere». La sua giornata si è così ripiegata nella torbida relazione con le immagini delle Rete, da cui è scaturita la sua prima metamorfosi, progressiva ed inesorabile. Perché il Porno non si è limitato a essere intorno a lui, ma è «entrato dentro di lui», mutandolo.
Il grande vuoto si è popolato di figure compiacenti e disponibili, tra le quali Sputacchiera ha imparato a muoversi con la dimestichezza del professionista. I suoi sensi si sono alterati. Tatto, gusto e olfatto sono stati aboliti per lasciare spazio a udito e vista, «gli organi erogeni del voyeur, di colui che gode a distanza e parassitariamente, senza reciprocità». Col tempo ha raffinato competenze che lo hanno condotto ad uno stadio ulteriore, scoprendo di provare un insondabile piacere a muoversi nel virtuale «indossando il corpo di una donna». Guglielmo in questo modo è diventato l'inequivocabile Carmela Pene, che la spietata sapienza dell'algoritmo ha abbinato al «Negro», il «maschio totemico», con cui trascorre ore chattando compulsivamente. È questa la causa - il primo sintomo - del fatto impossibile che il protagonista si trova a vivere? La metamorfosi altro non è che l'inverosimile risposta di una natura bizzarra alle indecifrabili e impercorribili pulsioni del giovane inetto? È la mano tesa del destino al suo disperato bisogno di essere amato? Sputacchiera non lo sa, perché, fondamentalmente, sivergogna di quanto gli è successo.

Vergogna indicibile
Nel momento in cui si scopre donna, il suo primo istinto è la «fuga straccionesca». Come potrebbe esporsi allo sguardo di una madre transitata attraverso «il lavacro della follia» e, soprattutto, di un padre «sopravvalutatore di se stesso e sfasciata con gli altri», «calciomane, ipervirile e dunque naturalmente omofobo»? Il «paesello stercoso», il luogo «preindustriale , prescientifico, precolombiano e felice di esserlo, dove tutto ruota attorno alla triade lavoro-casachiesa», però, non gli offre plausibili alternative. Per cui Sputacchiera può soltanto far ritorno a casa, dove, superata la sorpresa della mancata reazione della madre (che lo accoglie «come se il problema del figlio fosse una puntura d'ape o un brufolo sulla natica»), si mette alla ricerca di improbabili rimedi. Riconosciuto come «irreversibilmente vaginata» dalla dottoressa Casoncelli; irritato dalle grossolane strategie dell'analista fallita del consultorio; inutilmente sottoposto alle brodaglie di Beppe, il santone di famiglia, a Sputacchiera non rimane che trasferirsi nella vicina metropoli ed iniziare avivere una nuova esistenza in un corpo che ignora. Ma anche gli addii non gli riescono bene. Sedi fronte a Guido Coprofago, il suo unico amico, non ha la forza di rivelargli la sua identità, Guglielmo sprofonda nel buio del più disperante dei conflitti edipici quando, per far definitivo ingresso nella nuova pelle, incontra il «Negro», scoprendo che si tratta di suo padre, l'uomo da cui avrebbe voluto essere capito e amato. In conclusione, nulla si salva nel mondo di Ravasio. Scritto con stile alto (anzi «alticcio» come ironicamente scrive Ermanno Cavazzoni nel risvolto di copertina), La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera è un tragicomico atto d'accusa nei confronti di una realtà irrimediabilmente andata a male. Attraverso lo sguardo deformante del suo autore, il romanzo descrive i veri ultimi del nostro tempo e la sorda disperazione che si nasconde tra chi vorrebbe per sé altri destini senza mai poterli raggiungere, perché non è nato dalla parte giusta, perché appartiene per sempre alla generazione dei figli o perché vive distante dal centro, desolatamente e definitivamente inespresso.

Recensioni correlate