È un libro di grande interesse Umanesimo e tecnologia. Il laboratorio Olivetti, di Daniele Balicco
(Quodlibet, 2021); una raccolta di
contributi sul rapporto tra cultura
umanistica e sviluppo tecnologico
attraverso la storia di un grande laboratorio di pensiero, quale fu la
Olivetti di Adriano Olivetti, in cui si
viveva quotidianamente il complesso
intreccio tra innovazione tecnologica
e valori umanistici nell'industria e nel lavoro.
Il libro dedica particolare attenzione
al pensiero e all'attività di uno degli
intellettuali olivettiani, Franco Fortini, poeta e saggista politico, che
operò in Olivetti come copywriter e
pubblicitario e a cui si deve, tra l'altro, l'aver dato il nome a due grandi
macchine per scrivere, la Lettera
22 e la Lexikon 80. Fortini ebbe un
complesso rapporto tra la sua chiara
visione politica della società e del lavoro e l'attività in una azienda industriale, sia pure molto particolare.
Il rapporto con la tecnologia era una
preoccupazione anche per Adriano
Olivetti, che tentava di dare risposta al rapporto tra macchine e persone, contando molto sull'apporto
che veniva dai tanti intellettuali che
circolavano in Olivetti anche con importanti ruoli aziendali. Come Paolo
Volponi, responsabile delle relazioni
aziendali e poi del personale, autore
di un importante libro (Memoriale)
dove analizzava il difficile rapporto
del protagonista con il lavoro nella
catena di montaggio.
L'inquietudine di Fortini si è tradotta
anche in alcune sue opere poetiche
ben riprese nel libro e nei testi di
importanti documentari olivettiani,
come "Incontro in Olivetti" e "Visita
ad una fabbrica", sempre alla ricerca
di un complesso e spesso contraddittorio rapporto tra tecnologia,
persona, territorio e industria, una
problematica divenuta oggi sempre
più attuale con lo sviluppo di macchine intelligenti capaci di interagire
con le persone.
Nella Olivetti di Adriano si ricercavano sempre nuove strade progettuali che impedissero la sopraffazione
delle macchine sull'uomo. Le macchine per ufficio di allora dovevano
essere il più umane possibile e si
chiedeva l'aiuto di poeti, di filosofi per
renderle tali al servizio delle persone,
attraverso una attenzione alla ergonomia, alla bellezza delle forme e con
nomi belli e vicini alla vita, così come
per i messaggi pubblicitari.
COMPLESSITÀ
Il rapporto complesso con le macchine è antico come l'uomo perché
nasce da quella volontà dí innovare
che da sempre ci caratterizza, anche
se, di fronte al cambiamento tecnologico, vi sono state spesso forti reazioni. Basta pensare all'automazione
dei telai tessili alla fine del 700 e alle
rivolte contro le macchine (il luddismo e il sabotaggio).
In Olivetti nasce, nel 1937, una rivista dedicata alla tecnologia, con il
nome di «Tecnologia e industria», per
trattare sia aspetti tecnici, sia il rapporto dell'uomo con le macchine. A
Milano, nel 1953, viene pubblicata la
rivista «La civiltà delle Macchine», diretta da Leonardo Sinisgalli, un artista-ingegnere che lavorò prima nella
comunicazione Olivetti e poi in Pirelli.
Nella rivista, si studiava e discuteva il
ruolo crescente delle macchine nelle
fabbriche, nel rapporto con il lavoro
e la vita delle persone, per puntare a
tradurre l'attività delle macchine in
un netto miglioramento delle condizioni umane.
Negli anni di Adriano Olivetti e di
Fortini, l'attenzione si è rivolta anche
a macchine sempre più complesse
con lo sviluppo dell'automazione,
della cibernetica, l'avvio dei grandi
elaboratori dati come l'Elea 9003,
con la preoccupazione che tali macchine potessero togliere spazio alla
libertà dell'uomo, peraltro senza
cercare di arrestare ìl progresso tecnologico considerato fondamentale
motore di crescita sociale. Anche se
aveva introdotto il taylorismo ín fabbrica, Adriano Olivetti non amava la
catena di montaggio e aveva cercato
di sviluppare forme di "fordismo
dolce" dato che «il lavoro ripetitivo
non consente di pensare».
Nel 1961, negli anni dell'Elea 9003,
nasce una associazione che raccoglie studiosi ed esperti di cibernetica
e di elaboratori: l'AICA, Associazione
italiana di Calcolo Automatico. Il
nome è oggi obsoleto, ma allora non
esisteva il termine informatica che
nasce successivamente e che darà
vita a una delle più straordinarie innovazioni umane.
Il libro di Balicco consente di estendere il tema del rapporto tra umanesimo e tecnologia al mondo attuale,
alla grande trasformazione digitale e
all'intelligenza artificiale, che amplificano straordinariamente il rischio
di creare macchine capaci di sostituirsi all'uomo in particolare nelle
scelte decisionali, muovendo potenzialmente verso quella società del
Grande Fratello descritta già nel 1949
da George Orwell, nel suo libro 1984,
dove racconta di una società controllata da un governo totalitario guidato
da macchine superumane. Una prospettiva che oggi preoccupa perché
appaiono macchine ancora più intelligenti di quelle immaginate da Orwell.
INQUIETUDINI
L'attenzione è ora sempre più rivolta
allo sviluppo dell'intelligenza artificiale (IA), cioè a programmi informatici e reti neurali che realizzano
macchine e algoritmi che cercano
di riprodurre e simulare il pensiero
umano e i processi logici del nostro
cervello; le reti neurali tendono a
sviluppare processi simulativi dei
nostri neuroni e un apprendimento
continuo (machine learning e deep
learning), generando miliardi di informazioni e dati.
Nuove applicazioni di intelligenza artificiale sono sempre più presenti negli oggetti che utilizziamo, nelle app
degli smartphone, con programmi
che apprendono e si arricchiscono
continuamente di informazioni e dati
in base all'uso che ne vien fatto: acquisti, spostamenti, ristoranti, viaggi,
regali, compleanni, appuntamenti e
impegni. Programmi di IA guidano le
auto senza conducente e permettono
di disporre di traduzioni simultanee in
ogni lingua, di fare comunicati e post
sui social anche generando le deprecate fake news, di realizzare sistemi
di riconoscimento delle immagini e
degli oggetti, con possibili abusi e
minacce alle libertà personali.
In campo industriale i programmi di
industria 4.o basati su A.I. hanno
sviluppato macchine utensili e robot connessi e intelligenti in grado
di gestire autonomamente processi
produttivi e produrre e memorizzare
infinite quantità di dati e informazioni
che vengono comunicate ad altre
macchine o a centri dati generando
Big Data, per fornire basi ai processi
decisionali da parte umana e in futuro forse anche da parte delle stesse
macchine.
Qui si ripropone la domanda che
preoccupava già Adriano Olivetti e
Franco Fortini e che ora ricorre sempre più: saranno le macchine intelligenti in grado di sostituire l'uomo
nelle scelte decisionali o perfino di
ridurre le persone a schiavi? Un tentativo di dare risposta parte dalla conoscenza di come funziona l'intelligenza
umana, come operano i neuroni e le
reti neuronali del nostro cervello e ci
si chiede se in esse vi è sola razionalità o intervengono altri fattori, come
i sentimenti, l'intuito, la sensibilità, la
cultura di ciascuno.
Le macchine operano con processi
puramente razionali basati su numeri,
mentre gli umani non sono naturalmente digitali e forse non lo diventeranno mai, poiché si basano su
processi analogici che li differenziano
dalle macchine digitali. Il grande fisico Roger Penrose così si è espresso:
«Nessun algoritmo o sistema di IA
potrà mai spiegare appieno il funzionamento della mente umana né replicarlo. A meno di non supporre che la
mente umana sia soltanto calcolo ed
elaborazione dati». Per il Premio Nobel Giorgio Parisi «riprodurre la parte
inconscia dell'uomo è impossibile e
assurdo. Avete mai visto un cervello
"disincarnato" e funzionante avulso
dal corpo di cui è parte integrante?».
Uno sviluppo recente, che potrebbe
andare in direzione opposta rispetto
alle aspettative di Penrose e Parisi, è
quello relativo all'interfaccia LaMDA
(Language Model for Dialogue Applications) di Google, un'intelligenza artificiale che presenta se stessa come
cosciente e senziente. Non è dato sapere se si tratti di uno sviluppo reale,
ma uno degli ingegneri responsabili
del progetto, Black Lemoine, che ha
rivelato l'episodio, è stato messo in
giugno in congedo retribuito.
Molto significativo è l'impegno di un
grande innovatore tecnologico come
Federico Faggin, che ha iniziato la sua
attività in Olivetti e poi, trasferitosi in
America, ha sviluppato la tecnologia
MOS e creato il primo microprocessore Zilog a inizio anni '70, la base
d partenza dei personal computer e
della rivoluzione digitale. Faggin ha
creato una Fondazione interamente
dedicata alla ricerca scientifica
dell'elemento di unicità della mente
umana, la consapevolezza e la coscienza, e intende dimostrare che la
consapevolezza non è fisicamente riproducibile dalle macchine.
Queste ricerche possono cercare di
rassicurarci che l'intelligenza umana
si basa sulla consapevolezza, che
non è fatta solo di conoscenza, ma
di altri fattori esclusivi dell'uomo e
quindi non riproducibili, quali l'immaginazione, la fantasia, la sorpresa, l'istinto. Non vi è dubbio che
lo sviluppo dell'IA proseguirà anche
in nuove aree, nell'informatica quantistica, nella ricerca neuronale, nella
bioinformatica, ma certamente proseguiranno anche le ricerche sulla
consapevolezza e sugli elementi unici
della mente umana. Un rischio ancora molto teorico è che, pur senza
riuscire a riprodurre la mente umana,
con l'IA si possa creare un linguaggio
e una intelligenza non umana operante in una società virtuale, un super Metaverso da noi indipendente e
alternativo; l'attuale evoluzione dei
Metaversi basati su blockchain, realtà
aumentata, uso delle criptovalute e
NFT tende, in fondo, anch'essa a creare mondi paralleli.
SIMBIOSI
Resta, comunque, il problema di creare un linguaggio e un dialogo tra le
macchine e le persone, realizzando
un'efficace simbiosi uomo-macchina.
A questo scopo, occorre che tale
"obiettivo" sia già presente in chi progetta le macchine e si possa creare
una diffusa conoscenza nell'utilizzo
e nel rapporto con le macchine:
una cultura/democrazia digitale, in
un contesto sociale che permetta a
tutti di gestire in maniera semplice
un dialogo naturale umano con le
macchine.
L'impegno più rilevante a tal fine è
adeguare i sistemi formativi nella
scuola in questa direzione e promuovere processi di apprendimento permanente per consentire di disporre
di competenze necessarie, costituite
da un intreccio tra tech skills e soft/
human skills. E la stessa IA dovrà
alla fine divenire intelligenza umana
aumentata, un nuovo potente utensile tecnologico per la crescita della
conoscenza e della società umana.
Certamente, questa sarebbe la direzione che Adriano Olivetti e Franco
Fortini oggi chiederebbero di seguire, puntando a umanizzare il rapporto con le nuove macchine super
intelligenti, allo scopo di rafforzare
i valori umani fondamentali e la libertà di ogni persona.