Recensioni / Goethe e Schiller, lettere epocali

Entriamo nell'officina di Weimar con il Carteggio (1794-1805) tra Goethe e Schiller, ora pubblicato integralmente a cura di Maurizio Pirro e Luca Zenobi, con preziosi apparati. A lungo non si amarono: Schiller era più giovane di dieci anni e percorreva in ritardo e da solo quella turbolenta esperienza che Goethe aveva scoperto in gioventù: lo Sturm und Drang. Ma lui, ormai divenuto ministro, consigliere del Duca, rifiutava i toni esagitati in cui ancora s'indugiava il più giovane.
Tornato dopo quasi due anni dall'Italia, a Weimar, Goethe si sentiva solo e incompreso dagli amici di un tempo: il duca a caccia di selvaggina e di attrici, Herder distante, forse geloso, l'amata Charlotte von Stein, offesa per la sua "fuga"in Italia, e ormai perduta (ma subito sostituita con la giovane Christiane Vulpius).
Intanto si preparava una nuova generazione proprio tra gli studenti dell'università di Jena, di cui lui era il curatore. I giovani erano entusiasti di Fichte e di quel giovane professore di storia, Schiller, il quale a sorpresa fece il primo passo da grande organizzatore culturale qual era: il 13 giugno 1794 scrisse a Goethe una lettera assai rispettosa con l'invito a partecipare alla rivista "classica" (già dal titolo) Die Horen, "Le Ore", le antiche deità greche. Per Goethe il programma era attraente per l'assoluta prevalenza dell'arte in un momento in cui, con la Rivoluzione Francese, non si faceva altro che discutere di politica. A margine Schiller comunicava che per ogni sedicesimo si sarebbero corrisposti sei luigi d'oro. Niente male. La risposta non si fece attendere: positiva e non solo formalmente. Goethe prevedeva che tale impresa l'avrebbe spronato a portare a compimento opere incompiute, come il Wilhelm Meister e il Faust. E così fu.
Le lettere sempre più assidue affrontavano i problemi reciproci della scrittura e delle alleanze culturali. Per undici anni il sodalizio tra Goethe e Schiller segnò la cultura europea, stabilendo la poetica neoclassica, in una visione utopicamente impolitica, confermata da uno straordinario corpus di mille lettere. La Fortezza Weimar pareva inespugnabile.
Ma il 9 maggio 1805 Schiller morì a 45 anni. Goethe rimase di nuovo solo. Quando mori nel 1832 era considerato un sopravvissuto. Forse lo era per davvero, ma non per noi oggi, come conferma questo carteggio.