Recensioni / L'Odissea nel futuro del patriarca del design

The Left-Handed Designer, il designer mancino, sí intitolava un suo libro di qualche anno fa: Seymour Chwast, autore e illustratore, fondatore nel 1954 con Milton Glaser ed Edward Sorel dei celebri Push Pin Studios, da decenni crea e trasforma il mondo della grafica d'arte, editoriale e pubblicitaria. «Sono sempre stato mancino» raccontava, «anche se mia madre insisteva perché usassi la destra: lo considerava un handicap, il segno che ero un po' strano. Ma questo essere strano mi ha dato una straordinaria scusa per diventare un artista».
Oggi Chwast ha 91 anni e abita a New York, in un appartamento di Chelsea, dove ci incontriamo per parlare della sua Odissea, pubblicata in America una decina di anni fa e adesso felicemente tradotta in italiano (da Fiorenza Conte per Quodlibet, che anni fa ha pubblicato anche una sua Divina Commedia). «Da qualche anno non si fa che parlare di graphic novel» spiega: «dal momento che non scrivo, ho pensato che avrei fatto meglio a partire da una storia già scritta. E ho scelto l'Odissea». Nella sua versione gli eroi si spostano con navicelle spaziali, indossano caschi da piloti, e spesso e volentieri sono aiutati dagli dei. «L'intervento divino è la cosa che rende le loro guerre diverse dalle nostre», commenta Chwast. Per lui gli artisti possono impegnarsi per la pace o altre giuste cause, «ma lo facciamo soprattutto per noi stessi. L'unico modo per ottenere risultati concreti è votare».
Tra i suoi lavori più recenti c'è Hell, singolare storia dell'inferno, con i testi di Steve Heller. «Lo ha pubblicato Corraini, la casa editrice di Bruno Munari», dice con un certo orgoglio: ammira molto il designer italiano, i suoi libri che «non erano solo libri». Dal modo in cui Chwast maneggia i suoi, mentre va a prenderli in studio per farmeli sfogliare, viene in mente una frase del critico e scrittore inglese John Berger: «Le persone tengono i libri in un modo particolare, come non tengono nient'altro. Li tengono non come cose inanimate, ma come cose che si sono addormentate. Spesso i bambini portano in quel modo i giocattoli». Chwast ha lavorato alla sua Odissea senza scaletta né storyboard, cominciando dal primo disegno e sperando che alla fine tornasse il conto delle pagine. «Si tratta solo di raccontare le storie in modo facile» conclude. «Perché se i lettori non capiscono, che senso ha fare libri?».