Ormai prossimo alla vecchiaia, in un breve testo autobiografico Goethe ricorda lo sgomento provato una trentina di anni prima, al ritorno dal viaggio in Italia. Dopo un'assenza di
quasi due anni si era sentito profondamente isolato, anche perché
in Germania furoreggiavano opere letterarie che lo «ripugnavano
in modo particolare». Tra queste, i
Masnadieri del giovane Schiller,
che aveva inondato il pubblico tedesco con «paradossi etici e teatrali». Nello stesso volgere di tempo,
Schiller confessava a un amico di
provare certo ammirazione per il
talento di Goethe, ma di trovarlo
una persona «odiosa», un egoista ricolmo soltanto di «amor proprio».
Non erano le migliori premesse per lo sviluppo di un'amicizia. O forse fu proprio quella reciproca ostilità a favorire, qualche anno dopo, la nascita di un
legame particolarmente intenso. Di certo, il ricordo della propria iniziale avversione servì a
Goethe come premessa retorica
per esaltare retrospettivamente l'immenso valore di quell'amicizia, un Felice evento, come recitava il titolo di quella miniatura autobiografica con cui rievocava il primo incontro con Schiller, nel 1794.
A testimoniare nei dettagli lo
sviluppo del sodalizio è il fitto
scambio epistolare che di lì si sviluppò tra i due poeti. Tutt'altro
che un documento privato, le lettere sono il monumento di
una stagione culturale difficilmente ripetibile nella sua ricchezza, e furono pubblicate dallo stesso Goethe negli ultimi anni di vita, con l'intento di fare un
dono «ai tedeschi forse all'umanità». Ancor più che le singole
opere scritte dai due autori in
quegli anni è infatti il carteggio
a racchiudere l'essenza del progetto culturale che porta il nome di Weimarer Klassik.
Quel testo è ora finalmente accessibile al lettore italiano nella
sua interezza, grazie alle cure di
Maurizio Pirro e Luca Zenobi: Johann Wolfgang Goethe - Friedrich Schiller, Carteggio 1794-1805
(Istituto Italiano di Studi Germanici/ Quodlibet «Etigo», pp. 991, €
60,00), a inaugurare una collana
che raccoglierà «edizioni e traduzioni integrali di grandi opere», e
destinata, date le premesse offerte
da questo primo volume, a diventare un punto di riferimento nel
panorama editoriale italiano.
Un bel saggio introduttivo e le
puntuali note di commento illustrano il significato delle singole
lettere e dell'epistolario nel suo
complesso, e d'altra parte le traduzioni - Pirro ci restituisce la
prosa essenziale ed elegante di
Goethe, mentre Zenobi segue
Schiller nelle sue complesse argomentazioni-riescono nell'intento di rispettare le differenze
stilistiche dei due autori.
Questioni ïn primo píano
Nel tono delle singole lettere si
rispecchia quella alterità dei
due poeti, che avrebbe offerto a
generazioni di lettori uno schema interpretativo di indubbia
suggestione: nell'incontro tra la
plastica sensibilità di Goethe e la
tendenza all'astrazione di Schiller si volle riconoscere, infatti,
l'espressione di una polarità ostinatamente presente nel pensiero dell'epoca, per esempio nelle
coppie opposte e complementari della grazia e della dignità, del
bello e del sublime, dell'ingenuo e del sentimentale.
Una simile interpretazione,
che talora arrivò addirittura a dividere il pubblico in tifo serie, lasciò traccia di sé anche nei monumenti dedicati ai due poeti:
in quello di Weimar, il più celebre, lo sguardo di Schiller sembra puntare a celesti lontananze, mentre quello di Goethe è rivolto alla realtà terrena.
Ma leggere il carteggio alla luce di questo dualismo finirebbe
per «relegare in secondo piano
alcune questioni decisamente
più essenziali» e cioè in primo
luogo quella «elaborazione assai dinamica di idee e concetti»
- scrivono i curatori - che spesso si traduce nella ricerca di effetti ben lontani da quelli tradizionalmente associati al classicismo, come «lo shock, lo spaesamento, il disorientamento».
Non soltanto le lettere evidenziano come due indoli così
diverse siano andate completandosi con esiti proficui nell'elaborazione delle loro maggiori
opere, dal Meister al Wallenstein
fino alFaust, ma soprattutto permettono di cogliere una comune propensione verso la militanza intellettuale, a tratti violenta
e a stento dissimulata dietro il
disinteresse per l'attualità politica. Non poteva darsi altrimenti, giacché il legame tra i due
poeti nacque all'indomani della Rivoluzione francese e per
molti tratti è una risposta alle
più traumatiche conseguenze
di quell'evento.
Del resto, il classicismo di
Weimar non è mai un banale ripiegamento verso ideali neoclassici, e si rivela piuttosto
un'esperienza decisiva per molta letteratura moderna. Sebbene i due massimi poeti della letteratura tedesca sembrino attestarsi su posizioni illuministiche e sull'idea di una universale
Humanität, non mostrano alcuna intenzione di esercitare
un'illuministica tolleranza nella propria attività critica o nelle
campagne polemiche espresse
negli Xenia, la raccolta di epigrammi. Nelle loro lettere guardano dunque con irritazione alla «singolare forma di tolleranza» che Herder avrebbe riservato anche alle produzioni letterarie più mediocri e preferiscono
menar fendenti a destra e a manca: «lo abbiamo sistemato bene,
ma dovremo ancora rincarare
la dose», scrive Schiller a proposito di Johann Friedrich Reichardt e delle sue simpatie giacobine; mentre a Leopold von
Stolberg, che dagli ardori giovanili stava regredendo verso la
più ottusa bigotteria, andava impartita «la lezione che merita».
Un simile atteggiamento, il
cui programmatico compendio
è là dove Goethe afferma che in
letteratura vale «il diritto del
più forte», non mancò di indignare chi ancora riponeva fiducia in una sfera pubblica letteraria ispirata all'idea della Répubblique des lettres, che fosse a modello per una compiuta opinione
pubblica. Ma proprio l'abbandono di molte illusioni settecentesche rende il carteggio tanto
più rappresentativo per le stagioni future, mostrando un Illuminismo fatalmente costretto
a tradire i propri principi nell'agone della modernità.
Contraddittorie tensioni
E se d'altronde il tentativo di salvaguardare l'arte dai più immediati interessi politici non trovò seguito nel pubblico del tempo, determinando il sostanziale fallimento del progetto culturale di Goethe e di Schiller, esso
avrebbe finito per condizionare il cammino delle generazioni future, a cominciare dal Romanticismo e almeno fino alle
avanguardie novecentesche.
Le contraddittorie tensioni
che animano questo carteggio
assumono un valore paradigmatico per la moderna letteratura: sia che si tratti di proclamare, con gesto analogo ai due
poeti, il carattere impolitico
dell'arte, salvo poi ritrovarsi
coinvolti nella realtà del proprio tempo, sia che con esplicito rifiuto della poetica classicistica di Goethe e Schiller, si cerchi di fiancheggiare un rivolgimento politico, salvo poi ritrovarsi a lamentare il sacrificio
della propria poesia e forse della poesia tutta.