L’Odissea secondo Seymour
Chwast è un fumetto punteggiato
di anacronismi, ma indiscutibilmente omerico. E dimostra che il viaggio
di Ulisse — parafrasando Calvino — non
ha ancora finito di dire quel che ha da
dire. Tremila anni e non sentirli.
Chwast, classe 1931, è un maestro del
design e dell'illustrazione. Negli anni, ha
adattato a fumetti anche Divina Commedia (Quodlibet) e Racconti di Canterbury
(ancora inedito in Italia). La sua Odissea
è stata pubblicata negli Usa nel 2012: ora
esce per la prima volta in Italia. Nella
graphic novel il lungo viaggio di Ulisse è
racchiuso in un'irriverente cornice narrativa in cui Omero è un poeta cieco con
cappello e papillon, accompagnato da
un cane guida parlante di nome Prince.
Con buona pace dei cultori della questione omerica, Chwast liquida in poche
righe le controversie sull'identità dell'autore per concentrarsi sul poema.
«L'Odissea racconta cosa succede
quando le battaglie sono finite», spiega
l'Omero di Chwast, che rivendica: «La
miaè una storia che dice molto sulla
natura umana». Nel farla sua, il designer
si è preso delle libertà: le armi sono futuribili, Calipso è in bikini, Circe indossa
gli occhiali da sole. Ma l'operazione di
rinnovamento non tradisce l'opera originale. Ulisse resta Ulisse, anche se usa un
rasoio elettrico. Irresistibile perché astuto, pieno di risorse, geniale. Imperfetto,
certo, ma proprio per questo umano. Del
resto, lo dice anche l'Omero di Chwast:
«Chi mai si interesserebbe di qualcuno
che fa sempre tutto giusto?».