mblematico il titolo della raccolta "47 poesie facili e una
difficile" di Velimir Chelebnikov, curata da Paolo Noni e
pubblicata da Quodlibet (2009).
"Quando stanno morendo i cavalli
respirano, / Quando stanno morendo, le erbe si seccano, / Quando
stanno morendo, i soli bruciano, /
Quando stanno morendo, gli uomini
cantano delle canzoni". Pochi versi
per entrare in sintonia con il poeta
Chlebnikov nato il 28 ottobre 1885 a
Chanskaj a Stavka, nel governatorato
di Astrachan e morto un secolo fa, il
28 giugno 1922 a Santalovo regione
di Novgorod. Grazie alla dedizione
di Paolo Noni scrittore, traduttore e
blogger, classe 1963, si viene a conoscenza che esaurita da anni l'antologia di Ripellino (Angelo Maria
Ripellino è stato uno slavista, traduttore e poeta italiano nato a Palermo il 4 dicembre 1923 e morto a
Roma il 21 aprile 1978) in italiano su
Chelebnikov non c'è niente. Noni ha
pensato bene di fare una piccola
antologia sulle poesie di questo poeta
che da molti è sempre stato relegato
come un poeta difficile da comprendere e con questa raccolta il
curatore dimostra il contrario. "Poco,
mi serve./ Una crosta di pane, un
ditale di latte, / e questo cielo / e
queste nuvole". Come si fa a dire che
è illeggibile? Come si fa a dire che
non si capisce? Come si fa a dire che
è difficile? Così Noni ha realizzato
una piccola antologia in cui ha provato a raccogliere le poesie di Chelebnikov che si capiscono, subito,
senza bisogno di aver studiato il
futurismo e senza bisogno di essere
poeti né d'avanguardia e né di retroguardia ed ha pensato appunto di
intitolarla Quarantasette poesie facili
e una difficile. «Sklovskij diceva che
era un campione, Jakobson diceva il
più grande poeta del Novecento,
Tynj ano diceva una direzione, Markov il Lenin del futurismo russo,
Ripellino diceva il poeta del futuro, e
avevan ragione, secondo me, tutti,
però avevano torto, anche, secondo
me, e avevano torto perché, secondo
me, Chelebnikov è molto di più —
scrive Noni — Velimir era convinto
che la lingua avesse una saggezza
sua, e che dalla lingua si potesse
imparare, che contenesse, per esempio, in sé, le geometrie di Lobaevskij.
Uno dei compiti del poeta, secondo
Chelebnikov, era costruire questa
saggezza della lingua, trovare nella
lingua una chiave per capire il mondo, rintracciare nelle lingue slave la
cosmografia che era andata perduta,
e rimediare alla loro corruzione, inventando parole anche nuove, e ne
inventava tantissime, e passava i
giorni sui dizionari, e non sopportava
i calchi delle lingue occidentali, e
"poet" non andava bene perché era
un calco da una lingua occidentale, e
era meglio chiamarlo "nebopisec" da
nebo, cielo, e pisat', scrivere, e si
potrebbe tradurre scrittore di cieli, o
cieloscrivente». "La libertà arriva
nuda, /Gettando nel cuore dei fiori, /
E noi, andando al passo con lei, /Al
cielo diamo del tu. / Noi, guerrieri,
con coraggio
picchiamo /
Con il
braccio
su scudi
severi: /
Governo del
popolo
sia, / E
sia .sempre, per
sempre, qui, là. /Alle finestre vergini
cantino, /In mezzo a canti sull'antico
cammino, / Del suddito fedele del
Sole, / Il popolo che si è liberato".