Recensioni / Paul & Chet, i poeti del suono

Paul Bley se n'è andato nel 2016, a 84 anni. Ventenne, aveva fatto in tempo a essere travolto e, a propria volta, a indirizzare quell'onda piena di trasformazioni incessanti che stava mutando il jazz dall'interno. Bley vive l'ultimo scorcio del bebop, eassieme attraversa quel territorio in cui si va dalla ricostruzione possibile e credibile delle proprie radici afro, cioè quanto chiamiamo hard bop, ai problemi della «liberazione della musica» da strutture troppo formalizzate: e dunque le spinte verso la new thing da un lato, e quelle, irrisolte ma magnificamente vive, anche, della Third Thing.
Bley è «all'incrocio dei venti»: dove soffiano tutte le brezze del cambiamento. Non stupirà, dunque, che non sia possibile inquadrarlo in nessuna scuola. Pur essendo lui, a sua volta, marcatore di svolte per gli altri: uno su tutti, Keith Jarrett. Uomo giusto al posto giusto, destinato ad avere accanto compagne di avventure sonore imprescindibili come Annette Peacock, Carla Bley, Carol Gross.
Sperimentatore con i primi marchingegni per creare suoni elettronici, uomo chiave nell'impostare il suono Ecm.
David Neil Lee, editore, scrittore e contrabbassista, dunque un altro uomo giusto al posto giusto, è autore assieme allo stesso Paul Bley di Liberare il tempo. Paul Bley e la trasformazione del jazz, finalmente tradotto in italiano dall'edizione originale del 1999 da Quodlibet, con la perfetta introduzione di Stefano Zenni, e una nota di Antonio Zambrini.
Bley ha avuto molti incontri decisivi nella sua bella vita: uno fondamentale è stato quello con il genio melodico di Chet Baker. Alla abbondante produzione libraria sul trombettista degli eccessi, poeta del suono, si aggiunge la traduzione italiana di un altro testo importante. Per Edt, e in collaborazione con Siena Jazz, esce Chet Baker, vita e musica, di Jeroen De Valk, musicista, giornalista e scrittore olandese. Ne viene fuori un Chet Baker tutt'altro che «eroe maledetto»: un improvvisatore-compositore istantaneo dalla lucidità e ispirazione quasi uranica. E, in chiusura, un'utilissima analisi dell'intera produzione discografica.

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