Recensioni / Glissant


Nel marzo 2007 "Le Monde" pubblicò un manifesto intitolato Per una letteratura-mondo in francese. Uno dei firmatari, Édouard Glissant, mostrava in quell'occasione di sviluppare e mettere in relazione con altri il pensiero di una vita, reso ora attuale in Italia grazie alle pubblicazione di Poetica della relazione. Filosofo formatosi prima nella Martinica natale come discepolo di Aimé Césaire, poi a Parigi alla Sorbona, Glissant ebbe scambi proficui in gioventù con intellettuali del calibro di Frantz Fanon e Roland Barthes. Romanziere evocativo e cerebrale, ha influito su diverse generazioni di intellettuali interessati ai problemi della decolonizzazione, soprattutto grazie alla sua attività di saggista.
Negli anni cinquanta si distinse per il suo impegno anticolonialista, ma presto il suo pensiero si ampliò, quasi che il colonialismo fosse una delle possibili figurazioni di un problema politico e filosofico ancor più vasto. Allo stesso modo il suo luogo d'origine, l'arcipelago caraibico, divenne per Glissant il segno a lui più prossimo della relazione, una relazione di cui, forse con sottile ironia, Glissant giunse a concepire una poetica. Queste riflessioni giovanili hanno poco a poco costituito una rete, connettendosi tra loro da un saggio all'altro, generando declinazioni sempre nuove. Caparbiamente asistemico, Glissant si sottrae a ogni tentativo di incasellamento e di definizione, dimostrando di volta in volta di aver previsto ed eluso l'etichetta che gli si vuole affibbiare. È inutile anche lamentare una scarsa comprensibilità dei suoi testi: Glissant rivendica l'opacità dell'altro, e sottolinea nel termine "comprendere" la presenza – anche etimologica – dell'atto di appropriazione.
Glissant ha costruito la sua opera come se si trattasse di una sorta di internet ante litteram: ogni passo può ricondurre a un altro, pubblicato decenni dopo, decenni prima o scritto da altri. In questo modo ha sempre mantenuto la trattazione delle tematiche a lui care nell'ambito dell'attualità, slegandole al contempo da particolarismi settari. Ne sia prova il fatto che il suo saggio Poetica della relazione, tradotto in italiano con quasi vent’anni di ritardo rispetto alla pubblicazione originale, è quanto mai attuale. Pur muovendo da un tema considerato da molti lontanissimo, la deportazione degli africani verso le Americhe, in questo saggio Glissant riesce ad avvincere, argomentando con una lucidità tale da rendere pregnanti tali questioni per qualsiasi essere umano.
L'autore procede in modo impeccabile e opaco allo stesso tempo, attraverso associazioni di idee e sviluppi sempre sorprendenti, riuscendo a toccare temi in apparenza lontani tra loro, ma legati da una relazione mutevole e persistente. Oltre alla riflessione sull'alienazione, e alla proposta di un modo di relazionarsi non più basato su chiarezza e trasparenza, ma al contrario sul rispetto della complessità e dell'opacità, Glissant nel suo saggio-mondo già affronta le questioni letterarie e linguistiche che lo porteranno, venti anni dopo, a firmare il manifesto di "Le Monde". Riguardo alle letterature postcoloniali, ad esempio, scrive che non possono "essere considerate appendici esotiche ai corpi letterari francesi, inglesi o spagnoli, [poiché permettono] loro di entrare di colpo, con la forza di una tradizione che si sono esse stesse forgiate, nella relazione delle culture". La traduzione di Enrica Restori, meditata e quasi "filologica", lascia a Glissant tutta la sua efficacia.