Esce per Quodlibet, con introduzione di Stefano Zenni, Liberare il tempo: Paul Bley e la trasformazione del Jazz (traduzione di Gabriele Zobele), l'edizione italiana di Stopping Time, biografia del
pianista canadese Paul Bley
(1932-2016) scritta con David
Lee. Pioniere del free jazz, Bley
ha indagato da pioniere le possibilità dei sintetizzatori, guidando anche la prima associazione
di musicisti d'avanguardia, la
Jazz Composers Guild, gestendo
inoltre una casa discografica indipendente, la Improvising Artists Inc, che ha segnato il debutto di Jaco Pastorius e Pat Metheny e grazie alla quale ancora oggi possiamo immergerci nei tesori, tra gli altri, di Sun Ra, Sam Rivers e Jimmy Giuffre. Un artista
imprendibile, preso a modello da
Keith Jarrett, la cui vita ha avuto
svolte fondamentali grazie all'incontro con alcune donne di grande talento, tra le quali Carla Bley.
Oltre che musicista cruciale,
che da un certo punto in avanti
smette di selezionare il proprio
materiale e registra tutto, smettendo poi anche di fare le prove,
anche un agitatore culturale, il
cui obiettivo è l'indipendenza
produttiva: meta di un viaggio
di liberazione da ogni forma imposta, raccontato in queste pagine con ironia e sobrietà, come
fosse il diario di un metodo, o un
percorso gnostico che non conosce fine. Sin dai primi anni a
Montréal il libro è un tuffo nella
Storia; dallo specchio sopra la tastiera per vedere muoversi le dita
di Oscar Peterson, che dovrà sostituire nel 1949, quando frequenta
l'ultimo annodi scuola superiore,
all'incontro con leggende come
Mingus, Young e Parker, per giungere poi alla rivoluzione portata
da Omette Coleman e a riflessioni
che sono il sangue stesso del jazz:
«Non c'è niente di più difficile che
spingere davvero una musica ad
andar al di là dei propri limiti. Io
lo so, perché ci ho provato».