Recensioni / Una contesa che dura. Poeti italiani del Novecento contemporanei

Con Una contesa che dura. Poeti italiani del Novecento contemporanei, Fabio Moliterni torna a occuparsi di temi e autori a lui cari, ampliando e rivedendo alcuni saggi già pubblicati su rivista e dando così vita a un’opera variegata sia dal punto di vista tematico, sia per quanto concerne l’aspetto metodologico. Il volume è infatti organizzato non solo seguendo un certo ordine cronologico, da Clemente Rebora ad Andrea Inglese, ma anche teorico: quasi sempre a un saggio dedicato a un singolo autore ne succede uno di tipo corale, che si concentra su due o più personalità. Non solo, le corrispondenze strutturali appaiono ancora più evidenti se si nota che molti autori, come Sereni e Roversi, sono protagonisti sia di un saggio incentrato interamente su di loro, sia di uno che li vede coinvolti con altri scrittori. Questa organizzazione frammentaria della materia è metaforicamente il riflesso delle numerose ed eterogenee poetiche novecentesche e contemporanee, in dialogo o, al contrario, in opposizione l’una con l’altra. Una contesa che dura. Poeti italiani del Novecento contemporanei è un libro polifonico e ricco di informazioni specifiche e fondamentali per ricomporre l’enorme e contorto puzzle che è la letteratura novecentesca italiana, in cui un unico autore raramente esiste senza essere inserito in un contesto più ampio. Moliterni non intende solo dare risalto a personalità che, seppur rilevanti, sono meno conosciute, ma anche inserire alcune tessere mancanti e imprescindibili per una lettura complessiva del periodo.
Avvicinando e allontanando gradualmente l’obbiettivo, l’autore fotografa e collega motivi e metodi apparentemente separati. Il libro riunisce saggi il cui argomento va dall’analisi ravvicinata di un singolo frammento di Rebora, condotta sulle varianti d’autore e tramite l’utilizzo degli strumenti ermeneutici e stilistici, a un capitolo, totalmente differente per impostazione e tematiche, dedicato a Girolamo Comi e al suo ruolo nel mondo letterario e culturale novecentesco. Di Comi, Moliterni traccia un profilo biografico inedito e denso di uomo cosmopolita, nato in Terra d’Otranto, ma formatosi in Svizzera, poi traferitosi a Parigi – dove entra in contatto con esponenti e artisti di spicco della cultura francese – e infine a Roma. Comi unisce alla postura solitaria di uomo di lettere e alla perifericità geografica le attitudini di editore autonomo, organizzatore e operatore culturale, entrando in contatto con i cenacoli più importanti d’Italia, creando scambi e solidi rapporti: dalla relazione con Arturo Onofri fino alla fondazione dell’Accademia salentina e della rivista «L’Albero». Comi è dunque un autore «extra-territoriale», legato alle proprie radici pugliesi, ma in bilico tra Europa e provincia, tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’. Su temi simili, seguendo dunque uno dei fili rossi del volume, Moliterni modula il dialogo tra Vittorio Bodini e Luciano Anceschi, che ripropone la dialettica tra ‘modernità e tradizione’, mettendo in luce il valore dell’eredità europea dell’ermetismo, non senza però relazionarla alla passione per il Barocco che lega i due autori, un Barocco che viene letto da entrambi alla luce della crisi contemporanea. Il ritratto che Moliterni traccia di Anceschi e Bodini è interessante per due aspetti, ugualmente importanti: da un lato suggerisce l’immagine di un Bodini aperto all’Europa e al nuovo – ben lungi quindi da una visione ‘provinciale’ e ‘limitata’ della letteratura, e tutto fuorché emarginato dalla temperie culturale dell’epoca – dall’altro è utile in qualità di breve rassegna di studi barocchi (Moliterni ricorda puntualmente contributi e saggi sia di Bodini sia di Anceschi).
Dedicato a un carteggio è anche il capitolo «Vincendo i nemici»: sul carteggio Roversi-Sereni. Sereni e Roversi sono due poeti anagraficamente e stilisticamente lontani, ma che hanno un’ideologia comune nei confronti della contemporaneità, data da un sentimento «negativo e disforico», che in Roversi ha i connotati della «rabbia» e del «furore», mentre in Sereni è un’emersione periodica di «ira» e «disgusto», come ha scritto Franco Fortini.
A Fortini è dedicato il capitolo Poesie e tempo in Franco Fortini, in cui Moliterni ne approfondisce alcuni aspetti della poetica e del pensiero, soffermandosi su annose questioni come il tempo e la memoria, che sono i pilastri filosofici sui quali si regge l’opera fortiniana. In questo caso Moliterni propone un approccio diretto ai testi, analizzando stilisticamente e tematicamente alcune poesie. Segue un altro ritratto corale, Poesie (postume) degli anni Zero: Benzoni, De Angelis, Viviani, in cui il critico si impegna a «verificare la tenuta di alcune esperienze poetiche rilevanti da considerarsi come emblematiche della nuova poesia italiana» e «allestire una costellazione precisa di voci e pronunce distinti» (p. 140), avvertendo però il lettore di quanto sia ancora difficile costruire un vero e proprio canone della poesia contemporanea degli ultimi anni, ma cercando comunque di mostrare la necessità di inquadrare le nuove correnti poetiche, malgrado oggi sia troppo presto per avere una solida prospettiva storica. Non tutti gli autori presi in analisi possono essere disposti sullo stesso piano: è innegabile che una voce come quella di De Angelis sia ormai non solo ben udibile, ma anche sovrastante nel denso panorama poetico, spesso costituito da epigoni, che ha caratterizzato questi ultimi anni di poesia italiana. Anche se, come mette in luce Moliterni, è possibile riconoscere, in questo fitto coro, una melodia di base che soggiace alle diverse modulazioni dei singoli.
Il volume di Moliterni appare dunque giocato tra parallelismi e opposizioni, sodalizi e rotture – contese, appunto – che durano nel tempo e costituiscono il leitmotiv di molta storia del nostro Novecento letterario. È un libro dall’andamento sinusoidale e dalle molteplici prospettive (come ho detto, dal minimale al macroscopico), costante nel fornire accurate e spesso poco note informazioni – dense e specifiche sono le notizie biografiche e le note bibliografiche dedicate a ogni singolo autore – e nel fornire nuove riflessioni. Un volume che si muove su più piani esegetici e utilizza numerosi metodi di lavoro, cercando di creare comunque una certa omogeneità e coesione tra gli argomenti trattati. Forse una scelta diversa poteva essere fatta per quanto concerne l’organizzazione dei capitoli, che potevano essere disposti non secondo un ordine cronologico – a mio parere superfluo in questo caso – ma seguendo un approccio teorico, dedicando quindi una sezione agli studi sul singolo testo e una alle analisi a più ampio raggio.