Recensioni / Corpi e macchine al lavoro: l’ultimo volume fotografico di William Guerrieri

“Corpi e macchine al lavoro” si apre con due citazioni tratte da “L’uomo è antiquato” di Günther Anders e “La divina mimesis” di Pier Paolo Pasolini: si tratta di un viaggio realizzato dal fotografo William Guerrieri, che ha trasformato un ambiente lavorativo in un racconto visivo. Il set dove si è svolta questa ricerca è rappresentato da cinque realtà aziendali in Emilia Romagna, tra Reggio Emilia e Modena. Un territorio che ha vissuto, negli ultimi anni, un cambiamento di tendenza verso soluzioni tecnologiche innovative, che prende il nome di industria 4.0.

«La mia intenzione era capire come l’individuo è coinvolto nell’interazione con le macchine, cioè con la totalità dei dispositivi tecnologici della recente organizzazione industriale». Da queste parole non possono non tornare in mente le immagini del vagabondo in “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, uno dei capolavori più significativi della storia del cinema, in cui appare la famosa “catena di montaggio” inventata da Frederick Taylor per la Ford, emblema di quella che è stata la seconda rivoluzione industriale, un momento storico segnante.

Cosa è cambiato nel 2019? Guerrieri se lo è chiesto ed ha attuato un lavoro di approfondimento, non solo visivo ma anche teorico sul settore dell’automotive e sul controllo dei processi industriali. L’indagine si è modellata sullo studio antropologico del lavoro da un punto di vista umano ma sempre più subordinato a una dipendenza dalle macchine.

Anders, già negli anni ‘50, affermava che «Occorre conoscere più a fondo le dinamiche di trasformazione dell’umano e del corporeo all’interno dei processi di tecnicizzazione del mondo». Con la new economy si è sempre più diffuso il lavoro digitale che, secondo alcuni economisti, ha permesso il passaggio dalle tecnologie meccanico-ripetitive a quelle linguistiche-relazionali, da quelle statiche a quelle dinamiche.

Si è visto che i lavoratori, interagendo con le macchine, tendono a emularne i ritmi, a robotizzare i gesti, entrando in competizione con le sempre più avanzate capacità tecnologiche, quasi a tentare di rallentare una sostituzione che sembra essere già avviata.
Eppure le stesse macchine sono progettate sul modello di come funziona il corpo umano. Non è un caso che, dagli anni ’80, gli studi sull’Intelligenza Artificiale e sulla robotica hanno cercato di lavorare sul rapporto con l’ambiente fisico in cui si opera ma senza successo, in quanto, nonostante le macchine abbiano capacità di calcolo superiori, mancano del “senso comune”, una capacità che caratterizza l’intelligenza umana.

Nella sequenza di fotografie di Guerrieri si assiste alla manifestazione di questi limiti. Qui l’alienazione non assume una connotazione economico-materiale, come nel sistema fordista, ma si confronta con un capitalismo cognitivo che la osserva con uno sguardo esistenzialista. Con l’avvento di uffici virtuali, l’individuo lavoratore si sente espropriato della propria soggettività ed entra in lotta con se stesso e con la percezione del proprio corpo. Terminali di controllo, impianti industriali, indici di produzione, computer, ingegneri e operatori, reparti di calcolo, faldoni, tutto sembra avere un posto, un ordine, un perché. La color leggera ma dalle tonalità sature enfatizza l’ordinarietà di uno spazio occupato da macchinari. La presenza umana è nettamente in minoranza, con inquadrature che immortalano gesti e pose che si ripetono nel tempo, persino l’assenza umana si percepisce dalle tracce di un routine lavorativa quotidiana.

Il volume si completa con un saggio di Maurizio Guerri, dal titolo “Aprire gli occhi sull’accordo intraspecifico”, che riprende le pagine “Sul dolore” (1937) di Ernst Jünger. Nel testo, Guerri analizza lo studio dietro le immagini di Guerrieri, partendo da lavori precedenti, come “The Dairy” (2015) e “New Lands” (2017) fino al presente “Corpi e macchine a Lavoro”. «Guerrieri è entrato dentro altri luoghi, i luoghi del lavoro altamente informatizzato […]. Quello che Guerrieri con le sue immagini ci permette di vedere è che nei luoghi di lavoro non si tratta solo di rapporti tra intelligenze “naturali” e “artificiali”: si tratta ancora di rapporti tra corpi e macchine, si tratta ancora di fatica di occhi e di muscoli, si tratta ancora di posture e di gesti».