Recensioni / Libri - Gaetano De Francesco Architettura dell'acqua

L'acqua nelle sue diverse "forme" catastrofiche, esito dei cambiamenti climatici, è il nuovo "materiale" dell'architettura, la cui possibile declinazione progettuale al fine di rinnovare le città è il tema dei libro di Gaetano De Francesco.
Architettura dell'acqua ha un taglio pragmatico e utilmente operativo; lo dichiara in apertura l'autore quando afferma che "il libro non si rivolge soltanto al pubblico dei progettisti, ma, più in generale, a coloro che si occupano di pianificazione e gestione del territorio — come tecnici e amministratori —, ai quali intende fornire gli strumenti per comprendere la rilevanza dell'ampio fenomeno e le possibilità in essere". A tal fine, De Francesco definisce cinque possibili tipologie di intervento, da intendersi come buone prassi della dispersione idrica nelle reti urbane contemporanee, analizzate attraverso esempi paradigmatici presi da tutto il mondo e realizzati a partire dal 1995, quando all'aumento della frequenza degli eventi meteorici catastrofici ha fatto seguito la presa di coscienza di diverse amministrazioni della necessità di pensare a nuove infrastrutture per il controllo delle acque. Le cinque tipologie sono le water square e i rain garden, gli stormwater park, i buffer space (vasche di laminazione e bypass), underground (cisterne e pozzi ipogei) e, infine, gli sbarramenti (argini e dighe). Se le prime quattro tipologie sono modelli adattivi rispetto alle dinamiche idriche, nel senso che le assecondano piuttosto che contrastarle, la quinta si applica in particolare nelle città consolidate, dove non ci sono ampie aree disponibili per le esondazioni dell'acqua, o nelle città e nei villaggi realizzati sotto il livello del mare.
Proprio nella logica della definizione di un sintetico prontuario di possibili declinazioni dei "materiale acqua" pronto all'uso, l'autore precisa che "tutti i progetti sono analizzati sul piano del metodo, delle tecniche e degli strumenti. La loro analisi comparativa porta alla formalizzazione di modelli progettuali duplicabili, ripetibili non negli aspetti morfo-sintattici ma in quelli metodologicoprocessuali". Chiude il libro un'appendice nella quale De Francesco propone "una serie di principi strategici e azioni progettuali utili alla formalizzazione del progetto dell'infrastruttura idrica contemporanea" che vengono formalizzati in nove parole chiave, minimo comune denominatore di tutti gli esempi illustrati. 1. Zero soil consumption: non si deve più consumare suolo agricolo, risorsa preziosa e limitata; tale principio ha come conseguenza altre azioni progettuali orientate a ripensare e riutilizzare gli spazi dismessi, inutilizzati e sottoutilizzati nel contesto urbano. 2. Multitasking: gli interventi di controllo delle acque non sono monofunzionali ma mettono in moto altre attività. 3. Nature based infrastrutture: le nuove infrastrutture utilizzano tecniche e processi naturali che "sono in grado di fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici fondamentali per il benessere e la stabilità del territorio, innestando spazi verdi nella città". 4. Networking: un intervento infrastrutturale può avere un impatto localizzato o determinare effetti più ampi diventando un nodo di reti più estese. 5. Data collector: un'infrastruttura idrica di nuova generazione è un sistema informativo capace di raccogliere dati sugli esiti del progetto da utilizzare per monitorare il presente e per progettare futuri interventi. 6. Social catalyst: le nuove infrastrutture idriche sono concepite come "uno spazio della collettività che rappresenta concretamente la sfera pubblica e consente l'identificazione in valori comuni". 7. Dissipate: le infrastrutture perla gestione delle inondazioni devono avere la capacità di smorzare la loro energia attraverso gli strumenti chiave del progetto topografico e della modellazione dei suolo. 8. Flexibile & Adaptive: è necessario disegnare sistemi aperti, spazi e infrastrutture flessibili capaci di adeguarsi ai diversi scenari futuri. 9. Self-managing: le nuove infrastrutture idriche devono essere in grado di mantenersi da sole: auto-produrre energia, auto-smaltire i rifiuti, auto-riciclare gli scarti, auto-manutenere le specie arboree ripariati. Infine, una considerazione e un dato.
Dalla lettura del volume si evince che le soluzioni all'emergenza idrica non sono una questione di mera ingegneria idraulica. Come già preannunciato dal titolo del libro, l'architettura e l'architetto non svolgono un ruolo gregario ma paritetico all'interno "di strutture multidisciplinari in cui processi e metodi progettuali prevedono l'interazione di professionisti appartenenti ad ambiti differenti — architetti, urbanisti, paesaggisti, insieme ad agronomi, biologi, ingegneri e psicologi — che collaborano a un progetto multi-obiettivo, multi-scalare e multi-direzionale, attraverso cui dar forma alle interconnessioni dinamiche". Un dato, inquietante, sottolineato da De Francesco è che di tutti gli esempi illustrati o i piani di controllo delle acque approntati in diverse città del mondo non ce ne è uno realizzato in Italia, affranta da un immobilismo talmente cronico da lasciare stupefatti, visto e considerato l'alto rischio idrogeologico che affligge moltissimi comuni italiani e il loro territorio. Speriamo che il libro di De Francesco capiti nelle mani di amministratori capaci di trarre spunti per progettare città e paesi non più feriti dall'acqua nelle sue diverse manifestazioni catastrofiche, ma rigenerati da essa.