Recensioni / Premio Narrativa Bergamo: i finalisti dell’edizione 2023

Anche quest’anno il Premio Narrativa Bergamo conferma la propria capacità di perlustrare i margini, i confini più lontani della terra della prosa, esplorando il concetto di narratività in tutte le sue possibili declinazioni.

Ieri, alla Biblioteca Tiraboschi, si è tenuta la tradizionale presentazione della cinquina finalista della XXXIX edizione del Premio, che dopo due anni torna a svolgersi in presenza. Ad aprire la serata, come di consueto, è stato il Presidente Massimo Rocchi, incaricato dei saluti di rito, ma anche della comunicazione della prima novità di questa edizione, ovvero la partecipazione di una libreria indipendente ai lavori di selezione del comitato scientifico del Premio. Dopo la triste scomparsa di Angelo Guglielmi, il consiglio di amministrazione ha infatti deciso che ogni anno i tre giurati storici – Andrea Cortellessa, Silvia De Laude e Michele Mari – saranno affiancati nei loro lavori da una libreria indipendente, di volta in volta individuata tra le più valide nel panorama nazionale. Quest’anno è stata scelta la Libreria Ferrata di Brescia, città che insieme a Bergamo è Capitale della Cultura 2023. L’idea guida di questa iniziativa è quella di mettere in dialogo la lettura avvertita dei testi che la critica letteraria sa fare con la capacità che ha chi lavora in libreria di conoscere e interpretare i gusti del pubblico.

Quest’anno inoltre – ed è la seconda novità – verrà assegnato per la nona volta dalla sua istituzione il Calepino, un premio alla carriera che in passato è stato dato ad autori e autrici del calibro di Edoardo Sanguineti, Luigi Meneghello e Dacia Maraini. A riceverlo, in occasione della serata conclusiva del Premio, sarà Lia Levi, scrittrice, giornalista e sopravvissuta alla Shoah, che negli anni si è molto dedicata alla testimonianza, soprattutto nei confronti delle generazioni più giovani, con interventi e molti libri.

A seguire Andrea Cortellessa ha svelato i cinque titoli finalisti di quest’anno, che sono: La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera di Alberto Ravasio (Quodlibet 2022), Palermo. Un’autobiografia nella luce di Giorgio Vasta e Ramak Fazel (Humboldt Books 2022), Il capro di Silvia Cassioli (Il Saggiatore 2022), Il Duca di Matteo Melchiorre (Einaudi 2022) e Tante care cose di Chiara Alessi (Longanesi 2021). Opere molto diverse fra loro, per genere, temi e anche lingua, ma che proprio nella lingua, o meglio nella voce, hanno il loro tratto distintivo, confermando come la tradizione italiana sappia mostrare lo stesso vincolo che lega la costruzione di una struttura narrativa – anche non romanzesca – con una consistenza linguistica originale.

La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera (Quodlibet Compagnia Extra 2022) è il romanzo d’esordio di Alberto Ravasio, finalista all’ultima edizione del Premio Calvino. Si tratta di un romanzo generazionale, che racconta le balzane avventure di Guglielmo Sputacchiera, giovane logorroico, apparentemente senza doti e incapace di successi, che un mattino si risveglia donna. Attraverso un personaggio eccentrico ed eccessivo, Ravasio riflette sul posto mancato dei trentenni nella società circostante, sullo spazio eccessivo di relativi padri e madri, sulla quasi impossibilità di dare vita a nuove vite, non avendo ancora capito la propria. Lo Sputacchiera è allora anche saga familiare, cronaca provinciale, storia d’amicizie (poche) e amori (ancora meno), condotto attraverso un linguaggio pirotecnico, che si plasma su una mancanza di coordinate, un’imprendibilità di fondo del reale, attingibile per approssimazioni o per iperboli, con un registro colto e sfacciato, letterariamente riverente e irrispettoso. Un racconto sulle contraddizioni, fatto di contraddizioni esistenziali ma soprattutto sospeso nello spazio esilarante tra gli opposti che tali contraddizioni nutrono: maschile e femminile, crescita e regressione, consapevolezza intellettuale e sbaraglio emotivo.

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