Recensioni / Roma, non altro

È un'incredibile guida della città eterna Roma, non altro (Quodlibet, 2o22) di Dolores Prato. Ci sono i sette colli, Trastevere ("Terra dove forse la leggenda è vera tanto essa è umana, e dove la verità è leggendaria tanto essa è bella"), i Parioli ("Uno dei più antipatici di tutta Roma. Un quartiere che potrebbe appartenere a qualsiasi città privo com'è di ogni carattere romano"), San Pietro ("Il rumore di San Pietro è simile all'alitare cavernoso di un grosso incendio [...], simile un poco a quello del mare, un poco a quello del vento tra le querce [...]. San Pietro è un'immensa conchiglia, dove il mormorio è perenne come lo scorrere del tempo").
Per Dolores Prato (1892- 1983), incredibile scrittrice, Roma è città di nascita e di scelta. Dopo l'infanzia e l'adolescenza nelle Marche, infatti, il ritorno nella città eterna sarà al centro di tante sue pagine, tra cuila serie di elzeviri usciti per lo più su «Paese Sera» tra gli anni Cinquanta e Settanta, ora raccolti in questo volume a cura di Valentina Polci.
Dolores Prato cammina, scopre Roma tra le ore della giornata, tra le stagioni, in tutta la sua ricchezza ("Ogni tanto di scorcio appariva qualcosa dí immenso: la facciata, la piazza, la cupola, il colonnato"). Con il suo sguardo attento, curioso, impregnato di poesia e occhio documentato, Prato si sofferma sulle chiese di Roma, e sulla loro stratificazione, sulle quelle che aiutano la preghiera e su quella che la allontanano. Si sofferma sui suoi monasteri ("Poche cose a Roma sono romane come questo monastero [quello delle nobili Oblate di Tor de' Specchi]. Oramai le congregazioni religiose costituiscono catene come gli alberghi [...]. Questa congregazione invece è composta di quella casa sola che conserva il nome di Tor de' Specchi e proprio nel non voler modificarsi, nel voler essere e restare solamente romana, la sua gloria più bella"), sui palazzi, sulla sua luce, sui colori (il rosso, il verde, il giallo, il bianco, l'oro brunito - "Il colore di Roma è quello necessario per il risalto di una città monumentale"). Si sofferma sui suoi alberi, sugli immancabili gatti e sulla sua "cattolicità che è apertura, accoglienza, preghiera comune ("Nel gruppo dei cantori erano rappresentate tutte le razze. Un piccolissimo cinese dalla voce così limpida che quando si elevava sola dava più sensazione di luce che di suono. Un giovanissimo negro dal ciuffo crespo sulla fronte sprigionava una voce così cupa che pareva fosse iI riflesso sonoro del suo cuore. Due giapponesi, (...) un indiano alto e potente, un rhodesiano, due o tre sudanesi, tutta l'Africa, tutta l'Asia erano rappresentate in quel complesso corale, nonché l'Europa e l'America. Il celebrante era australiano, il diacono malese. [...] il mondo intero che nel rivolgersi a 1)io prega e canta nella lingua di Roma").
Cammina, Dolores Prato. Cammina senza fidarsi dei luoghi comuni, della vulgata, di quello che appare ma non è. Cammina e si concentra sulla storia della città, il che significa anche sulla distruzione di monumenti, quartieri, feste, ricorrenze, tradizioni. Una distruzione determinata, accelerata dall'elezione a capitale d'Italia, che le avrebbe fatto perdere la sua identità ("Un pezzetto alla volta, ora grosso ora minuscolo, Roma scompare. Al posto di lei, singolare e superba, subentra una città qualunque che gareggia con innumerevoli città qualsiasi. Roma ha cominciato ad andarsene diventando capitale"). Ma se "tutto e tutti hanno lavorato per sbriciolarla, eccetto il tempo che su Roma non ha eccessivo potere", in chi la ama "c'è la sicurezza che, per quanti sforzi si facciano, di Roma resterà sempre qualcosa di indistruttibile". Mai sconfitta definitivamente dalla stupidità, dalle distruzioni celebrative, dal turismo, per Prato la vera Roma resiste grazie al suo carattere, grazie a presenze, voci, oggetti e zone marginali. Una pianta, un sasso, un vicolo, un muricciolo sbrecciato, un taglio di luce, un canto. È Roma, appunto: non altro.
Perché poi, in fin dei conti, questa guida alla città eterna ci lascia con un interrogativo, durevole anche lui: "In epoca di forzata massificazione è proprio obbligatorio massificarsi dove si può farne a meno?".