«Giornale di pensieri
per servire alla pittutra, o meglio "Giornale di pensieri sulla pittura" potrebbero intitolarsi questi appunti cominciati a scrivere nella primavera del 1954, in fretta e a lunghi intervalli. Un modo sbrigativo
e quasi automatico di fissare i primi momenti di pensiero che accompagnavano il nascere della
mia nuova pittura, la mia resurrezione. Via via questo Giornale è diventato una abitudine, e le pagine
si sono infittite. Non si tratta quindi di un Journal intimo (...). Questi
appunti rappresentano piuttosto
un graduale prender coscienza, dopo un faticoso risveglio (e un intemainabile letargo). Un procedere per gradi verso una decente
consapevolezza intellettuale». Così scriveva nel luglio 1958 Toti
Scialoja (1914-1998), artista a tutto
tondo sin dagli esordi romani, poi
pittore astrattista e sperimentatore di tecniche - dal dripping agli inserti materici - sedotto dal teatro
collaborando con musicisti, registi e coreografi d'avanguardia (da
Milloss a Roman Viad), con una
potente vocazione poetica espressa anche in numerose raccolte illustrate da lui stesso e cariche di
umorismo, giochi verbali e nonscuse.
Ma è lo Scialoja pittore ad essere al centro oggi, a 25 anni esatti
dalla scomparsa, di una giornata
di studi che si tiene nella sede del
rettorato dell'Università l'Orientale (Palazzo Du Mesnil, ore 10-18)
che diventa anche l'occasione per
presentare in anteprima l'edizione integrale del suo Giornaie di pittura edito da Quodlibet, a cura di
Maria De Vivo, Laura Iamurri,
Onofrio Nuzzolese, Angelandreina Rorro. Redatto tra il 1954 e il
1964, questo diario artistico di
Scialoja rappresenta un laboratorio febbrile di idee, una cronaca
esuberante delle esperienze di un
inquieto sperimentatore, nel quale riflessione critica, prassi creativa e vita sono inscindibilmente legate. E si parta dai soggiorni a
New York e a Parigi, della «pittura
di gesto» e della tecnica delle «impronte» messa a punto sull'isola
di Procida, del confronto con i
suoi studenti (tra cui Ceroli, Pascali, Kounellis) dell'Accademia di
belle arti di Roma di cui fu direttore, e delle amicizie con Burri,
Airo, Pasolini, Calder. de Kooning Rothko.
«Pagina dopo pagina, ci si accorge che il Giornale di pittura
non è solo uno splendido documento dell'epoca. Di fatto, può essere letto come un romanzo.
Quello che più arricchisce il piano
narrativo sono certe improvvise
verticali», spiega in prefazione Arnaldo Colasanti. Insomma, un
diario intimo che diventa narrazione corale, libero nei linguaggio, frenetico nelle idee, spesso feroce, testimone della vicenda artistica di un intellettuale tra i più interessanti e innovativi del Novecento italiano, che ha saputo trasformare la pittura tanto quanto
la pittura ha trasformato la sua vita.