Recensioni / La rassegna della letteratura italiana

il volume di Fabio Moliterni si compone di diversi saggi, ciascuno monotematico sulla figura di un poeta del novecento o contemporaneo (da rebora a Sereni a inglese). Scopo del testo è quello di delineare una costellazione di autori emblematici di cui si rileggono la lingua e lo stile, anche alla luce del rapporto con storia e società. Gli approcci critici sono molteplici, come dichiarato dallo stesso M., e vanno dalla critica tematica al close reading, nella convinzione che possa risultare il metodo più efficace per analizzare l’eterogeneità del materiale poetico. in particolare, il libro muove dalla tesi secondo cui la diversità poetica italiana convive in un “campo di tensioni” e contesa in cui però gli opposti non si annullano, bensì coesistono e si nutrono di uno scambio produttivo.
il primo saggio riguarda un’analisi puramente testuale del Frammento LI di Clemente rebora, di cui si evidenziano gli aspetti di continuità ed eccezionalità rispetto alla struttura unitaria e macrotestuale dei Frammenti, ma anche più in generale rispetto al pensiero di rebora prima della conversione. Il frammento in questione risulta infatti secondo M. un esempio di quella dialettica e tensione conoscitiva tipica dell’autore. il secondo saggio è dedicato al poeta Girolamo Comi, di cui si vuole restituire una figura diversa rispetto alle interpretazioni critiche fin qui raccolte. M. ne mette in evidenza l’attualità poetica nel contesto della lirica del novecento, nonostante la perifericità biografica e la postura solitaria dell’autore. La generosa attività editoriale e culturale, così come il respiro europeo della sua poesia fanno di Comi un poeta non privo di contraddizioni, ma certamente interessante nella riscoperta dei suoi contatti con gli ambienti simbolisti francesi e dei suoi tentativi di riposizionamento negli ambienti italiani, fino alla riflessione teologica e alla conversione dell’ultimo periodo. Lo studio successivo tenta di restituire la varietà e la trasversalità del pensiero e delle espressioni testuali di vittorio Bodini, tra meta-poesia, il mestiere di ispanista e le idee sul Barocco. Di particolare interesse risulta il racconto del rapporto dialettico tra anceschi e Bodini nel peculiare periodo tra anni Quaranta e Cinquanta, decenni di transizione verso la “poesia nuova” e l’irruzione della neoavanguardia. alla comune visione estetica europea del Barocco che aveva permesso ad entrambi di collaborare segue una divergenza di traiettorie sulle ricerche in merito alla poesia contemporanea, se pur nel medesimo tentativo di rispondere alla consunzione della linea ermetica. il quarto capitolo ha a che fare con le poesie giovanili di roberto roversi, pubblicate nel 1949 sulla rivista «Botteghe oscure». Fin da queste prime prove si può riscontrare il nesso regionalismo/cosmopolitismo caratterizzante il percorso dell’autore. Gli esordi di roversi vengono poi affiancati ai percorsi coevi di autori quali Sereni, Luzi, Pasolini, volponi, Scotellaro, così da rilevarne una certa temperie che si impone tra anni Quaranta e Cinquanta volta a distaccarsi da postermetismo e neorealismo. il quinto saggio analizza trasversalmente l’opera di vittorio Sereni, cercandone la presenza dantesca e confrontandola con il più ampio fenomeno del dantismo nella poesia del secondo novecento in italia. Dopo gli esordi sulla scia montaliana del classicismo allegorico e l’impostazione petrarchesca, Sereni istituisce un rapporto dialettico con le poetiche italiane ed europee tra le due guerre che lo porterà verso un assetto più libero e capace di rielaborare la tradizione Compaiono così elementi danteschi come atmosfere limbali, dialoghi con gli assenti, lo statuto di prigioniero che blocca l’individuo in uno stato liminale e molto altro. il successivo ritorna sugli ultimi due autori trattati, interessandosi al carteggio intercorso a partire dal 1959, data della prima lettera. Sia per roversi che per Sereni si sta concludendo la fine del primo periodo poetico, ma con tutte le differenze dovute al dato generazionale e intellettuale che mette a confronto da una parte un giovane autore e dall’altra un direttore letterario. Dal punto di partenza distante e asimmetrico, M. ricostruisce il progressivo intensificarsi del carteggio e l’avvicinamento dei due percorsi fino alla sovrapposizione di un’idea di letteratura in contrasto con le pratiche della neoavanguardia e i tentativi del Gruppo 63. il settimo saggio riguarda invece Franco Fortini e il suo pensiero teorico e intellettuale, che non è da considerarsi come un sistema teleologico ma come un eccentrico radicalismo che si concretizza poi nella scrittura poetica. ripercorrendo i riferimenti di Fortini, da Lukács a Benjamin, M. si focalizza sul concetto di tempo, inevitabilmente connesso a quello di Storia, che permette di cogliere la natura duplice e dialettica del discorso fortiniano. L’ottavo saggio tenta una piccola costellazione – senza pretesa da parte del critico di una canonizzazione – di alcune voci che tra gli ultimi decenni del novecento e i primi del nuovo secolo si sono imposte come alternative, se pur diverse tra loro, rispetto alle tendenze dominanti. Si tratta di Cesare viviani con L’opera lasciata sola (1993), Ferruccio Benzoni con Numi di un lessico figliale (1995), Milo De angelis con Tema dell’addio (2005). Di ciascuna opera M. cerca però anche di inquadrarne il rapporto con la tradizione, con degli interessanti e inediti affondi sui tre poeti. Lo studio successivo muove dalle teorie di Bachtin per condurre una lettura della struttura dialogica della lirica italiana contemporanea, soffermandosi in particolar modo sull’esperienza di Enrico testa. Pur restando fedele alle origini, il poeta si è aperto nel tempo a una varietà stilistica e di registri che ne hanno determinato la natura dialettica e mai monotona. M. analizza l’ultima opera di testa, nella quale il soggetto monologico viene però attraversato da voci plurali «in una sorta di movimento irriflesso verso l’altro». L’ultimo saggio mette al centro la poetica di andrea inglese, di cui si evidenia la dialettica tra percezione e rappresentazione, parole e cose. nella sua ricerca formale e nell’ideologia, nella collocazione al margine, così come nella conflittualità tra io e mondo si riapre una strada ancora poco praticata, se non quasi del tutto inedita.