Recensioni / Perec, cronache di «infra-ordinaria» quotidianità

È uscito da qualche mese, in Francia, un inedito di Georges Perec, Lieux, rimasto incompiuto: una sorta di mappa descritta di Parigi. L'idea si riferiva a 12 1uoghi legati in qualche modo al passato dello scrittore che, per 12 anni, si proponeva di descriverli facenti parte della categoria «reale»: successivamente avrebbe riportato quanto quei luoghi gli sollecitavano («memoria»). Non incompiuto è il Tentativo d'esaurire un luogo parigino, per il quale Perec trascorse tre giorni nei bar di Piace Saint-Sulpice prendendo appunti per la descrizione minuziosa di cose e avvenimenti di quella piazza.
Un tema analogo occupa un recente libricino dal titolo significativo: L'infra-ordinario (Quodlibet. pagine 120, euro 13) è la riedizione di quello uscito con Bollati Boringhieri (1994), sempre con la traduzione di Roberta Delbono. Il libro contiene l'osservazione appassionata e meravigliata dell'ordinario, ciò che accade ogni giorno. Le cose evidenti, comuni, i ricordi che quelle cose fanno riaffiorare: «infra-ordinaire» è una parola coniata da Paul Virillo per la nascita di «Cause Commune», la rivista che si proponeva proprio una sorta di Indagine del quotidiano, di quanto abitualmente viene passato sotto silenzio.
Alcune pagine del libro, La rue Vilin, contengono la descrizione minuziosa di quella strada (al numero 24 è una casa nella quale Perec ha vissuto) fatta in 6 giorni diversi nei corso di due anni annotando ciò che di volta in volta mutava.
Il gusto di Perec per giochi combinatori e il suo legame con le liste trova spazio in un capitolo dedicato a Calvino Duecentoquaranteté cartoline illustrate a colori autentici: a partire da Ajaccio, le cartoline toccano luoghi particolari come Cipro, Ulster. Yucatan, Zanzibar, Ios, Giava ecc. I «colori» sono le poche righe scritte di saluto, inventate con una regola ben precisa. Usando soltanto cinque frasi elementari in tre varianti (243 è pari a 3 alla quinta potenza).
Lo sguardo di Perec poi si muove in spazi più limitati. Tutt'intorno a Beauboug contiene notazioni le più varie: l'origine delle strade, i loro nomi, la loro storia e ciò cui rimandano. Le Passeggiate londinesi sono strutrurate come una sorta di breve guida turistica, ma con osservazioni financo linguistiche, come quando, a proposito di quel «gigaizteco microcosmo nel quale è venuto agglomerandosi tutto quello che gli uomini hanno prodotto nel corso dei secoli», Perec osserva che, laddove i francesi arrivano a malapena a sette parole per designare luoghi cittadini, gli inglesi ne posseggono almeno venti: «la cosa - nota Pesce - pone non pochi problemi a chi cerca di localizzare un indirizzo» poiché, ad esempio, Cambridge associato a «circus», «house», «place», «road», «square», «street», «terrace», indica luoghi diversi, distanti l'uno dall'altro. Neil capitolo finale, Still life/Stye leaf, Perec scende più nel dettaglio soffermandosi sul proprio scrittoio descrivendone ogni minima caratteristica e imperfezione: lo fa con la cura di chi vede nel ripiano tutto ii proprio mondo.