Recensioni / Voci e linguaggi, Perosa traduce «Amleto»

È la tragedia più rappresentata al mondo, la più manipolata, adattata, tradita, eppure nella nuova edizione critica curata da Sergio Perosa e pubblicata da Quodlibet edizione La tragedia di Amleto, Principe di Danimarca rivive con una forza e una freschezza sorprendenti. Eminente anglista, professore emerito di Ca' Foscari, traduttore di nove drammi e, a breve, dei Sonetti shakespeariani, Perosa affronta «a mani nude» la mole linguistica complessa, a tratti impervia, della tragedia di Amleto, restituendo una vivacità di voci, ciascuna con una tonalità precisa – come il Bardo aveva concepito – per ogni personaggio della vicenda. 11 testo originale articola prosa e versi in forma irregolare, le rime usate spesso in modalità giocosa, beffarda; inoltre, come nota il traduttore l'inglese elisabettiano pronunciava diversamente da oggi, prova ne sono versi rimati che attualmente l'inglese non riconosce (esempio love con move), tanto più quindi la ricerca di una versione italiana rispettosa della versificazione oltreché, non sia ovvio sottolinearlo, del senso, rende a questa nuova fatica interpretativa di Perosa un valore aggiunto indiscutibile. Osserva il curatore nella prefazione alla tragedia: è «il metodo della doppiezza e dell'opposizione che conduce Shakespeare per la sua strada. Occorre assecondarlo senza lasciarsi sviare ... subissati da una forza di linguaggio e da una costante onda di alta e bassa poiesi».
Questo è Shakespeare, aria rarefatta e atmosfere da trivio in costante ma irregolare alternarsi, così la sua lingua, nel teatro come nella poesia. E questo doppio registro si attaglia alla perfezione alla pelle del principe di Danimarca, emaciato e sarcastico, mentecatto e violento, tenero e affranto; Amleto viaggia sul doppio binario della follia simulata e della alterità di rango e destino: un personaggio sfuggente — indicibile, osserva Perosa «l'impassibilità e violenza con cui ci ammaliano i fenomeni naturali: come in loro, dramma e personaggio hanno un che di ieratico e insieme fortuito che lascia interdetti». La fascinazione del principe triste quale filosofo, intellettuale sradicato dalla pragmaticità della vita è un frutto romantico, una interpretazione otto-novecentesca che poco assomiglia al principe shakespeariano, figlio di. una frattura epocale, del tempo incerto del passaggio di secolo dal Cinquecento al Seicento, con lo scisma anglicano, la successione al trono inglese, le continue guerre. L'apparato di note, in questa preziosa edizione critica, è un saggio a sé, illuminante, fitto di approfondimenti, arguzie, per un Amleto disvelato.