Recensioni / Alberto Ravasio, La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera

Vi consiglio di leggere La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera. Ho riso dall’inizio alla fine. Linguaggio preciso e tagliente come un diamante, che scava nella realtà contemporanea e ritrae impietosamente - non senza momenti di lirismo dolente e profondo, sussurrati, poco reclamizzati - la mia generazione, quella dei trentenni di oggi. Non ho mai letto in tutta la mia vita un libro che fosse esattamente la copia del mio inconscio, di quello che c’era e che non sapevo dire, o che pensavo ma non sapevo nemmeno di pensare. Un’esattezza disarmante. E sono convinta che Sputacchiera sia la monade alla disperata ricerca di sé stessa -navigante nel mare cibernetico del porno e della fluidità sessuale, fluttuante nel liquido amniotico di un legame ancora fin troppo necessario, e dipendente, dai genitori- che, in fondo, siamo - o siamo diventati - tutti.
Politicamente scorretto e semanticamente libero da ogni tipo immaginabile di vincolo. Un mini capolavoro tascabile: non c’è una sola riga, una sola parola che lasci indifferenti. Cammeo cesellato la lettera finale al padre, omaggio nemmeno troppo sotteso all’analoga di Kafka, ma declinata ai tempi nostri.
Ravasio, tu per me sei un vero scrittore, e te lo dico con tutto il cuore. Lo scrittore è quella bizzarra creatura, a volte fortemente disagiata, che capta le vibrazioni del presente e che sa scrivere usando un linguaggio colto ( non saccente: colto. Colto significa che conosce le parole e che supera le tremila parole base dell’ alfabetizzato medio, usandole con perizia, precisione, scorrevolezza ed eleganza. L’eleganza non equivale alla finezza. Altrimenti, ci perderemmo il farsesco e il grottesco, che qui -in maniera geniale- imperano).
Indescrivibile. Per avere un’idea, l’unica opzione è leggerlo. Ah, un’ultima cosa: è scritto così bene da produrre un piacere continuo. Non quella scritturetta piana turn page on, ma una scrittura in grado di accendere e provocare i neuroni del lettore, continuamente sollecitati, ma senza scadere in un muffismo accademicamente pesante. Diverte. E divertendo, fa profondamente riflettere.
Con i tempi che corrono, potrebbe diventare oggetto di censura. Motivo ulteriore per correre precipitosamente a recuperarne una copia.
Il finale ad anello, o se preferite ad uroboro incestuoso e contemporaneamente catartico, o quantomeno dolorosamente rivelatorio, è il coup final da maestro.

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