Recensioni / I «Pubblici discorsi» di Paolo Nori «Meglio metterli nero su bianco»

«Fino a qualche anno fa, quando mi chiedevano di intervenire a un convegno, parlavo a braccio, ma spesso dopo aver finito mi ricordavo di una cosa che non avevo detto. E poi aprivo così tante parentesi che non mi ricordavo più da dove ero partito, e questo mi faceva star male, specie quando mi trovavo con decine di persone. Per questo gli interventi ho deciso di scrivermeli prima». È così che lo scrittore Paolo Nori spiega la genesi del suo nuovo libro, Pubblici discorsi (Quodlibet). Alla fine dell’anno scorso Nori si è ritrovato con tanti discorsi e con l’idea di poterli mettere insieme, uniti non tanto dagli argomenti quanto dal modo in cui erano scaturiti: «Forse come saggi non varrebbero niente, ma si tratta di saggi più detti che scritti – racconta l’autore di Mi compro una Gilera – in cui tratto temi come il romanzo italiano del Novecento o Anna Karenina, che durava ben 100 minuti. Ci sono anche discorsi che mi hanno commissionato, quello su Zavattini ad esempio. In quel caso avevo venti minuti di tempo, e quindi dieci cartelle da preparare molto velocemente, quando per prepararsi bene sull’argomento ci sarebbero voluti almeno una ventina di giorni». Eppure proprio questo dovere improrogabile, con tanto di scadenze prefissate, ha finito per suggestionare il quarantacinquenne scrittore nato a Parma: «Di solito, quando scrivo i miei romanzi non ho ritmi così serrati, invece in questo caso dovevo per forza mettere dentro qualcosa, tanto che ho usato vari stratagemmi con divagazioni ripetute, per le quali mi sono peraltro autodenunciato. Ma ho anche mantenuto alcune forme tipiche che rimandano immediatamente il lettore al contesto di discorsi pronunciati, come “mi sentite bene?” o “si capisce quello che sto dicendo?”. Non abbiano però timore i lettori che si accosteranno a questa pubblicazione, così anomala nel panorama editoriale italiano, perché Nori garantisce che non ci sono poi differenze così rilevanti con i suoi libri precedenti: «In fondo io cerco sempre di ricreare modalità tipiche del parlato usando la prima persona, che nella tradizione russa è consolidata nel cosiddetto skaz, termine che rimanda al verbo parlare, basti pensare a Gogol o a Memorie del sottosuolo di Dostoevskij. In Italia invece questo accade meno, probabilmente a causa dello stile della nostra lingua, anche se non mancano eccezioni come La coscienza di Zeno di Svevo o Parlamenti buffi di Gianni Celati». Pubblici discorsi è inserito nella collana Compagnia Extra, diretta da Ermanno Cavazzoni e Jean Talon: «È una collana che mi piace – conclude Nori – perché ha dei libri singolari con una fisionomia piuttosto netta, così come mi piace che un editore che si occupa di filosofia metta in piedi una collana di letteratura difficilmente classificabile, che mette vicino Celati, Cornia e Puškin. Certo, sinora sono stati pubblicati solo sei libri, ed è un po’ presto per dirlo, ma mi ricorda un’altra esperienza, quella della collana di guide e finte guide  Contromano di Laterza (per la quale Nori ha pubblicato Baltica 9, scritto insieme a Benati, ndr), che ha visto passare tutti gli scrittori contemporanei, e che considero come un tratto di spiaggia libera dove tutti possono andare».