Recensioni / Quelle lettere tra Goethe e Schiller

Quando Johann Wolfgang Goethe, nel 1823, decise di occuparsi della pubblicazione del carteggio intrattenuto con Friedrich Schiller (tra biglietti e lettere 1013 documenti), lo fece per rendere esemplare un'esperienza personale, rilevante sia per il valore affettivo che per quello storico-culturale: «sarà un grande regalo, per i Tedeschi, ma direi per l'umanità intera», così scrisse a C.F. Zelter. Quella corrispondenza durò dal 1794 al 1805, anno di morte di Schiller, dunque terminò un anno prima dell'invasione napoleonica della Germania. Nella coscienza di Goethe essa chiudeva «un'epoca della quale non ci rimane quasi più traccia». Per questo decise di pubblicarla, occupandosi egli stesso della curatela. Così nel 1828 e 1829 videro la luce presso l'editore Cotta sei volumi contenenti l'intero carteggio Goethe-Schiller. Nel tempo si sono susseguite varie edizioni, fino a quella ultima, integrale, curata Norbert Oellers (2009), cui fa riferimento quella italiana da poco edita (J.W.Goethe - F. Schiller, Carteggio 1794-1805, a cura di M. Pirro e L. Zenobi, Quodlibet 2022, p. 992, € 60). A Oellers, già co-curatore delle opere e delle lettere di Schiller nella loro edizione nazionale, il merito di aver tenuto conto di tutte le peculiarità dei testi, per esempio del fatto che Goethe tendesse a dettare le lettere ad uno scrivano (al contrario Schiller scrisse tutte le lettere di suo pugno). Le lettere di Goethe sono pari ad un flusso di parole, diviso in frasi solo in un secondo momento e da un'altra mano. Quelle di Schiller invece evidenziano con chiarezza la volontà di elaborare discorsi e riflessioni attraverso la scrittura diretta. Letta con l'attenzione concentrata su Goethe, la corrispondenza con l'amico svevo documenta la crisi causata dalla solitudine spirituale nella quale si ritrovò negli anni successivi al ritorno a Weimar dal primo viaggio in Italia (1786-1788) e il suo superamento. L'incontro con Schiller gli diede l'opportunità di giudicare il panorama letterario tedesco e di elaborare nuovi progetti culturali in continuità con la forme del classico, facendo tesoro delle tante esperienze vissute durante il grand tour italiano. Tra le tante riflessioni di carattere estetico di Goethe spiccano quelle sul genio, sullo stile e sul ritmo nei versi poetici e teatrali.
Per quanto riguarda Schiller, la cui concezione estetica, come ricordano i curatori, è radicalmente diversa da quella goethiana, tra le sue riflessioni più interessanti vi sono quelle sul teatro, in particolare sul suo valore come metafora del potere e sul ruolo del drammaturgo rispetto al pubblico. "Sacro e solenne", aveva scritto prima dell'incontro con Goethe, «era sempre l'attimo silenzioso e grande del teatro, dove i cuori a centinaia, come al colpo onnipotente di una bacchetta magica, tramano alla fantasia di un poeta dove io tengo le redini dell'anima dello spettatore e, a mio piacimento, come una palla, posso lanciarla verso il cielo o l'inferno». L'intero carteggio con Goethe non sarà altro che una conferma, aspra e continua, del disprezzo e del senso di superiorità che Schiller provava nei confronti del pubblico tedesco. Un pubblico che a suo dire meritava solo di essere dominato, dal drammaturgo come dal potere.