DOMANI compie cento anni Claude Lévi Strauss, l’ultimo dei maitre a penser, l’antropologo che ha fatto della sua disciplina uno dei grandi saperi del Novecento. Per il centenario, nella prefazione al recente volume della Plèiade, Vincenze Debaene invita a guardare alla sua opera come a una «tradizione antica in termini moderni», da leggere come si leggono oggi quelle dei naturalisti alla Buffon. Una eccezionale rappresentazione del mondo con forza letteraria e testimoniale pari a quella di Newton e Galileo. Presso Quodibet di Macerata esce Fuori di sé a cura di Marino Niola in cui alcuni protagonisti del Novecento (da Augé a Derrida da Barthes a Le Goff) incontrano l’opera dell’antropologo che più ha inciso sulle idee del “secolo breve”. Un confronto serrato con diversi campi disciplinari a testimonianza di un pensiero da sempre “fuori di sé”, che va oltre il territorio antropologico. Come traspare anche dal saggio, uscito su "Le Temps Modernes" e inedito nella nostra lingua, in cui Simone de Beauvoir, nel 1949 “legge” l’opera fondamentale di Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela Alla base di tutti i sistemi matrimoniali la proibizione dell' incesto, la quale impedisce l' endogamia: l' uso di una donna, vietato all' interno del gruppo parentale, diventa disponibile ad altri. Grazie a questo divieto, è reso possibile lo scambio di un “bene pregiato”, le donne, tra gruppi sociali e quindi lo stabilimento di forme di reciprocità e di solidarietà che garantiscono la sopravvivenza del gruppo.