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La recente pubblicazione di un'antologia di scritti di Giorgio Ciucci aggiunge un prezioso tassello di conoscenza a uno dei territori più fecondi e variegati che uno storico dell'architettura abbia l'opportunità di percorrere: l'architettura italiana del Novecento.
Si tratta della raccolta in volume di quindici saggi, pubblicati tra il 1989 e il 2019 in monografie, riviste e cataloghi di mostre, che lo storico romano ha dedicato all'analisi di una serie di protagonisti (da Adalberto Libera a Luigi Figini e Gino Pollini, Giuseppe Terragni, Ignazio Gardella, Luigi Cosenza, Gio Ponti, Lina Bo Bardi, Federico Gorio, Giancarlo Do Carlo e Vittorio Gregotti) e di autori laterali rispetto alla storiografia convenzionale come Gigiotti Zanini, Ettore Sottsass senior e Gustavo Pulitzer Finali. Operazioni editoriali di questo tipo non danno solamente al lettore l'opportunità di accedere agilmente a testi sparsi in collocazioni diverse e a volte di non facile reperibilità, ma permettono anche, attraverso l'accostamento e il confronto non casuale di personaggi solitamente trattati nelle loro libri singolarità, l'emergere di nessi e considerazioni di carattere più generale. Nel testo introduttivo la curatrice Guia Baratelli nota puntualmente come uno dei fili rossi che legano questi scritti sia l'individuazione di "intrecci a conferma di una continuità critica tra il Novecento pre e postbellico", e certamente altri se ne possono indicare: dall'integrazione tra la pratica dell'architettura e dell'urbanistica con quella di arti congeneri come la pittura, l'allestimento e it disegno industriale, alla circolarità tra speculazione teorica, insegnamento e progetto; dalla ricollocazione e riconsiderazione di architetti impigliati in pregiudizi storiografici superati, alla diversa declinazione tra vicende personali e categorie di appartenenza storicofigurative come quella di "razionalismo". Scorrendo le pagine del volume, e attraversando dunque alcune vicende e momenti dell'architettiira italiana del secolo scorso, emerge chiaramente anche il passaggio da una concezione collettiva e "corporativa" dell'architetto — che avvertiva su di sé il peso e la necessità Pagine 330 - Euro 28,00 ISBN 978-88-229-2042-3 di esprimere attraverso la sua opera i sentimenti e le aspirazioni condivise del suo tempo — alla singolarità autoriale e mediatica a cui i professionisti dei nostri anni sembrano inevitabilmente incatenati. Non è forse casuale, in tal senso, la decisione di inserire come ultimo anello di questa catena un testo dedicato a Vittorio Gregotti (con il quale, tra l'altro, Ciucci ha collaborato nei primi anni Ottanta in "Casabella") che molto ha scritto e ha progettato contro la deriva mediatica e professionalizzante del mestiere, sottolineando la feconda poliedricità e il valore di testimonianza politica e sociale dei migliori architetti della prima parte del secolo. Tra gli apparati in calce al volume merita una menzione il regesto degli scritti che Ciucci ha dedicato all'architettura italiana a partire dal 1974 che, oltre ad alcuni memorabili capisaldi come Gli architetti e i, rende conto di un impegno e di un interesse costanti, aprendo allo studioso la possibilità di ulteriori approfondimenti.