Recensioni / Racconti di pensieri in pieno svolgimento

La scrittura che si sente nelle orecchie

Un romanzo è un po’ come una persona. Un persona tutta intera, nella sua totalità, con le braccia, le gambe, la testa, il cuore, i piedi e tutto il resto. È composto da tanti elementi, ognuno importante a modo suo, e mette in difficoltà chi lo scrive, perché non è facile mettersi lì e tirare fuori una persona perfetta, con tutte le parti del corpo belle affusolate, e che magari sia anche intelligente, simpatica e a modo. C’è sempre qualcosa che sfugge: che so, il sedere un po’ troppo grosso, il naso lungo, o magari un carattere un po’ nervoso, che allontana le persone se uno si fa prendere troppo la mano. Il romanzo è un’insieme di così tanti elementi che è facile che venga il mal di testa, sia a chi lo vuole scrivere, sia a chi lo vuole leggere.

Il racconto, invece, è una cosa più raccolta, definita. Non è per forza una persona tutta intera, può essere anche solo una parte ben precisa. Non che sia a priori più facile e tranquillo di un romanzo, ma sicuramente è più rilassante pensare di dover scrivere solo un braccio, o un piede, invece che una persona tutta intera. Puoi permetterti di fare un gomito bellissimo, senza pensare a tutto il resto del corpo, oppure due occhi da favola, senza essere distratto dal ginocchio o dalla caviglia. Il racconto è una cosa  breve, concisa, e quando viene bene dà una tale soddisfazione che uno si chiede perché debba perdere del tempo a scrivere quattrocento pagine di romanzo, se ne basta anche solo qualcuna per essere così contento.

Sulle tristezze e i ragionamenti è un libro di Ugo Cornia. Esce per una collana bellissima e bianchissima della Quodlibet ed è un libro di racconti, di cose scritte qua e là e riunite per l’occasione. Cornia ha scritto anche dei romanzi, prima, anche se sono dei romanzi un po’ particolari perché hanno poco l’aria delle persone tutte intere, e più quella dei raccontoni, dei pezzi di corpo che si estendono a dismisura, come delle braccia gigantesche o dei capelli così lunghi che va a finire che ci inciampi dentro. I pezzi di corpo che sono qui dentro sono più piccoli del solito e arrivano dalle ispirazioni più diverse: si parla di denti, di trapianti di teste, di cinghiali, pescando in un’immaginario molto personale e raccontandoci le cose con il modo tipico tra cervello e pancia a cui Cornia ci ha abituato. Un cicalio continuo di pensieri e ipotesi, che parlano di cose strane e nello stesso tempo normalissime, che ti sembra di sentirle ronzare continuamente nelle orecchie, come una voce che legge piano nell’orecchio, in maniera lenta ma continua. Tanto che alla fine sembra quasi anche a te di parlare e di ragionare in questo modo strano e normalissimo contemporaneamente.

In Sulle tristezze e ragionamenti si vede proprio che Cornia non si è preoccupato nemmeno per un momento di pensare a un romanzo: per cui troviamo delle gran belle chiappe, delle orecchie disegnate perfettamente, delle gambe affusolate e snelle; dei gran pezzi di corpo che non hanno bisogno di perdersi in qualche persona un po’ sgraziata. Ogni tanto si vede qualche pancia un po’ gonfia o un piede piatto, o un’unghia incarnita, ma la cosa non dà molto fastidio: sentire questa voce che legge piano nell’orecchio è bello qualunque sia la parte del corpo che racconta.