Recensioni / Federigo Tozzi, il Carver italiano

Per la nostra critica, che lo schiaccia sempre fra Svevo e Pirandello, con i quali condivide lo spaesamento esistenziale, non è ancora un classico.
Invece, è così moderno che lo si può accostare allo scrittore americano.

Non è bastato un 'Meridiano' (curato da Marco Marchi per Mondadori nel 1987), non è bastato un film (con gli occhi chiusi, diretto da Francesca Archibugi nel 1995) per fare di Federigo Tozzi un classico universalmente riconosciuto. È uno scrittore rispettato in sede critica, questo sì, per quell’intreccio di introspezione e rudezza che lo isola all’interno di un’epoca - il primo Novecento italiano - niente affatto avara di forti esperienze narrative. Eppure, nonostante tutto, Tozzi continua a essere compresso fra Svevo e Pirandello, due maestri con cui condivide lo spaesamento di fronte alla realtà e l’inettitudine al cospetto del mondo, ma che per altri versi ci appaiono oggi meno attuali di questo senese irregolare e visionario. Vogliamo dirlo in poche parole? Federigo Tozzi è stato il nostro Raymond Carver, in largo anticipo sui tempi e capace, oltretutto, di essere uno spietato editor di se stesso, come dimostra l’ampia introduzione con cui Giancarlo Bertoncini accompagna la nuova edizione di Giovani, ultima raccolta di racconti allestita in vita dall’autore e apparsa postuma, sia pure di pochi mesi, nell’estate del 1920. Facendo riferimento ai manoscritti conservati presso l’Archivio contemporaneo Bonsanti di Firenze, Bertoncini si sofferma in particolare sull’attenzione che Tozzi riserva ai finali delle sue storie, di volta in volta asciugati o dilatati in maniera da amplificarne l’impatto. Un po’ come accade per quella che, forse, è la più vistosa fra le peculiarità linguistiche di Tozzi, l’uso nervoso e pressoché anarchico del punto e virgola.
Perché questo è Tozzi, un autore in apparenza vernacolare, ma che con poche frasi esatte trasforma ogni racconto in un capolavoro. Succede in Bestie, la raccolta di prose liriche che rimane il suo libro più personale.
Succede nei romanzi ( il già ricordato Con gli occhi chiusi, e poi Tre croci, Il podere, Gli egoisti).
Succede nelle novelle, di cui Giovani rappresenta probabilmente il risultato più maturo. Carveriano, appunto. Nato nel 1883 da un piccolo possidente, precocemente tormentato – come molti dei suoi personaggi – da un’indistinta ambizione d’artista, Tozzi scoprì attraverso l’amicizia con Domenico Giuliotti il fascino di un cattolicesimo intransigente e non di rado polemico, che trovò espressione nell’avventura della rivista ' La Torre' oltre che in un’antologia ancor oggi illuminante fin dal titolo, Le cose più belle di santa Caterina da Siena, dove la bellezza deriva dal dramma, dal tormento interiore, dal duello continuo fra anima e corpo. Non a caso, anche in Giovani il racconto più memorabile è proprio ' Il crocifisso', che si apre con l’immagine terribile di «un mondo che Dio non ha finito di creare » e si conclude con l’invenzione grandiosa del Cristo che si stacca dalla parete della chiesa per andare incontro alla disperazione di una creatura del sottoproletariato romano. Qui non siamo più fra Pirandello e Svevo, ma piuttosto fra Pasolini e Testori, il Testori che a sua volta si professava lettore appassionato delle Lettere di Caterina. Ma ci sono, in Giovani, altre novelle altrettanto robuste e non meno importanti.Una recita cinematografica', per esempio, in cui Tozzi coglie in modo più che tempestivo l’indifferentismo etico che sta all’origine della società dello spettacolo (la messinscena di un suicidio, in fondo, equivale già a un suicidio). Oppure 'Un’osteria', nella quale il vero protagonista è un altro degli strumenti del nuovo mondo tecnologico, e cioè la bicicletta che consente al narratore di spingersi in una remota località dell’Appennino, diventando così testimone di una vicenda altrimenti segreta di umiliazione e solitudine. E c’è, onnipresente in Tozzi, l’immagine del denaro come strumento di prevaricazione morale e controllo sociale, in un rovesciamento metafisico del lamento verghiano sulla roba'.
Sarebbe sufficiente questo, in definitiva, per riconoscere in Giovani un libro di oggi.