Recensioni / L'ultima fatica di Gilles Clément

Non è il paesaggio montuoso e interrogativo di Musil, né il formicaio metropolitano di Bret Easton Ellis: è il ciglio della strada. Non sono i ricchi giardini goethiani né i deserti di Coetzee: sono i bordi dei campi, quelli dove cresce un'erba strana, senza nome. Non è la città, né la campagna: è un'aiuola dismessa. Non è l'infinito, né il finito: è l'indefinito. Non è la destra, ma nemmeno la sinistra: è l'indecisione. È il Terzo paesaggio, chiave di lettura della contemporaneità, occhio attento sul mondo, manifesto apolitico ma rivoluzionario: è il libretto di Gilles Clément, ingegnere paesaggista per professione, "giardiniere" per autodefinizione, filosofo per forza di cose. Tradotto per la prima volta in Italia dalla Quodlibet, casa editrice raffinata e con il gusto del paradosso, e curato da Filippo De Pieri, le 64 pagine del "Manifesto del Terzo paesaggio" sono una spada (o una vanga?) che può trafiggere più di una coscienza urbana. Certamente offre una lettura alternativa agli ambientalisti.

Paesaggista tra i più noti e influenti d'Europa, docente all'Ecole Nationale Supérieure du Paysage di Versailles, tra gli ideatori del parco André Citroen e scrittore tra i più eclettici, Gilles Clément pubblica l'anno scorso questo libretto in Francia. Sessantaquattro pagine per dire che il paesaggio è molto più di quello che vediamo, che ci sono delle zone che sfuggono al nostro controllo e che, pur avendo uno straordinario potenziale politico, meritano rispetto per la loro verginità e per la loro disposizione naturale all'indecisione. Che il ciglio della strada, l'orlo dei campi, una torbiera o un piccolo orto non più coltivato, un piazzale invaso dalle erbacce o il margine di un'area industriale, laddove non ci sia (o non ci sia più) l'intervento dell'uomo, sono "residui" dove trova rifugio la diversità. E dove, in potenza, potrebbero nascere cose nuove, case nuove, idee nuove, forze nuove. Potrebbero, ma non è detto che nascano. Ecco l'impatto di questo volumetto dalla copertina bianca e il titolo quasi invisibile: è un elogio all'incompiuto, all'imperfetto, all'indefinito, al non espresso. Un elogio a quella biodiversità che ha in sé i germi di un cambiamento ma che potrebbe anche non cambiare.

Non è un'analisi della marginalità dalla Bauman. E nemmeno una corazzata eco‑ambientalista alla Vandana Shiva. E' piuttosto un elogio dell'incolto, una lode all'incompiuto. Ma fa incazzare sia a destra che a sinistra: sì perché Clément non dice che tutto va lasciato così com'è. Nelle sue teorie sui giardini, raccomanda un intervento minimo, un tentativo di addomesticare dolcemente la verginità delle aree. Così si infuriano sia gli ambientalisti che gli anti‑ecologisti. Ma è il destino di chi sceglie di stare au milieu. Di chi ha deciso che non tutto si può dire, non tutto si può definire, categorizzare e che lo stato "in potenza" merita attenzione, rispetto, quasi ammirazione. E' un'incarnazione di un "progetto incompiuto" alla Habermas, una modernità mancata. E' lo sguardo sull'irrisolto come risorsa per uno sviluppo armonico del mondo. Clément rivendica l'identità del Terzo paesaggio come struttura a sé. E di una diversità che assume tante forme. A seconda dell'area di cui parliamo infatti avremo una certa diversità. Ci sono i sistemi originari, come le lande, in cui si insedieranno piante e animali. In città, troverà spazio la diversità umana, collocandosi a seconda delle zone lasciate libere. Nel Giardino in movimento, Clément scrive: "Ciò che l'incolto ci dice, riassume tutte le problematiche del giardino e del paesaggio: il movimento. Ignorare questo movimento, significa non solo considerare la pianta come un oggetto finito, ma anche isolarla storicamente e biologicamente dal contesto che la fa esistere. A me piace l'incolto perché esso non si riferisce a niente che possa perire".

Come leggere questo libro? L'autore suggerisce: "Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato (e non a Terzo mondo). Uno spazio che non esprime né il potere né la sottomissione al potere. Fa riferimento al pamphlet di Seyès del 1798: Cos'è il Terzo stato? Tutto. Cos'ha fatto finora? Niente. Cosa aspira a diventare? Qualcosa".


Gilles Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, pp. 87

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