La copertina verde prato, un monocromo
omogeneo dai toni tenui, non lascia presagire la varietà di colori,
suoni, parole, ragionamenti e pensieri che si
dischiudono sin dalle prima pagine di
Come un guanto che regge una tazza di
Titina Maselli e Enrico Crispolti (Quodlibet). La pittrice e il critico sono i protagonisti del dialogo registrato nella Certosa di Pontignano il 23 e il 24 gennaio
1996 alla Scuola di specializzazione in
storia dell'arte contemporanea di Siena che Crispolti, scomparso nel 2018,
dirigeva da dieci anni. A quell'incontro
con, e per, gli studenti parteciparono
anche il popartista inglese Joe Tilson e
il filosofo Alberto Olivetti. Ora le voci di
tutti loro si possono ascoltare, tramite
il Qrcode in testa ai capitoli, e/o leggere grazie alla trascrizione che di quel
racconto della vita di Titina Maselli
(1924-2005) ha fatto Antonio Petrone
nel curare il volume. Alla Biennale veneziana del 1964, ad esempio, la pittrice dei grattacieli, della vita quotidiana
e dello sport espose nell'anno in cui il
padiglione Usa imponeva in Europa
l'arte di Claes Oldenburg & Co: «Faccio
il cammino dal vaporetto su piazza San
Marco e incontro diverse persone che
mi dicono, "Ciao Pop!"», rivela Maselli
tra le risate degli studenti. «Mi hanno
battezzata allora la nonna della Pop, cosa che mi indignò perché almeno madre, ma nonna è un po' troppo!».
Al di là delle informazioni di storia e
critica dell'arte, è proprio la freschezza
del parlato fuori dai denti, come il racconto disinibito dell'imprinting giovanile a casa dei Pirandello o dell'influsso
profondo sulla sua pittura del cinema
in bianco e nero degli anni Trenta, l'attrazione principale di questo libro prodotto dall'Archivio Enrico Crispolti di
Roma nella collana "Archivio parlante" che contempla anche le lezioni senesi di Luca Maria Patella (nel 2000) o
Gianfranco Baruchello (2004). Per entrare anche visivamente nella produzione di Maselli - artista che dalle nature morte degli anni Quaranta con giornali, telefoni e sigarette passò, attraverso i rotocalchi, a mitizzare i calciatori
infortunati e di seguito compenetrò in
chiave futurista il gesto sportivo di boxeur, ciclisti e rugbisti nel paesaggio
metropolitano - basta arrivare alla tavola dieci del libro dove il Qrcode permette di ascoltare la voce della pittrice
stessa che spiega come «tra il metrò e i
grattacieli di New York» si celi «la scena eterna» di una Pietà, il compianto
su un «calciatore ferito». E questo mentre la videoanimazione sul cellulare colora, un dettaglio alla volta, il dipinto gigantesco del 1984.
Sembra insomma un volume animato questo, di quelli tridimensionali e
pop-up, che documenta l'impegno di
Crispolti a portare gli artisti a svelarsi e
a confrontarsi con i ragazzi in aula. Un
libro-oggetto multimediale (testi in italiano e inglese) che sarebbe piaciuto a
Maria Lai, anche lei protagonista il 14
gennaio 2006 (morirà sette anni dopo)
di uno dei dialoghi di Pontignano. Io sono Sardegna è il titolo dell'incontro con
Crispolti (a cura di Silvia Loddo) in cui
la scultrice dei telai dipinti, delle geografie tessute e delle azioni ambientali
con il filo racconta dei suoi esordi all'Accademia di Venezia e dei contrasti
con Arturo Martini.
In questi libri che di quei dialoghi, a
volte divertiti battibecchi, tra critico e
artisti, riportano anche lapsus poi corretti in nota o le esclamazioni degli studenti bisogna lasciarsi condurre nella
storia come davanti alle intercettazioni giudiziarie. "Archivi parlanti" sono
infatti un'originale, smisurata miniera
di informazioni ed emozioni sugli artisti nel momento in cui lasciano l'atelier e salgono in cattedra. Seguendo però l'ottica informale e "orizzontale" della critica di Crispolti. «Non una storia
fatta di pochi nomi a cui attribuire un
ruolo apicale», spiega Luca Pietro Nicoletti nell'introduzione alle lezioni senesi del 1994 di Crispolti (inserite nella
stessa collana) gli Anni Settanta. Aspetti dell'arte contemporanea in Italia.
«Ma al contrario - aggiunge lo studioso
- un contesto fatto di protagonisti e
comprimari, di situazioni che vanno a
costruire un tessuto complesso e stratificato, democratico e non esclusivo».