Recensioni / Nori tra l'oralità e la letteratura

Paolo Nori ama le digressioni, gli aneddoti, le associazioni di pensieri, anche non immediatamente comprensibili. Le sue narrazioni ne sono un esempio lampante, ed è il ritmo della sua scrittura, ormai comunemente definita dell' oralità, che riesce a tenere insieme ogni cosa, a conquistare il lettore e a farlo proseguire, pagina dopo pagina, in un territorio dove ogni cosa sembra abbia cittadinanza. Racconti in cui tutto si tiene, si intreccia, si mescola, si accavalla, dalle riflessioni sulla lingua e la letteratura alla cronaca della quotidianità. Un magma in cui spesso non esiste una vera e propria trama in senso tradizionale, con un inizio, uno svolgimento, una fine secondo un percorso lineare. In uno dei suoi primi romanzi, lo stesso Nori racconta ironicamente che secondo un suo lettore nei libri "normali" uno volta pagina per scoprire cosa succede, in quelli di Nori per scoprire se succede qualcosa. Eppure di lettori lo scrittore parmigiano ne ha conquistati molti. Che lo seguono anche tra letture pubbliche e spettacoli con accompagnamenti musicali. E, a volte, anche "interventi pubblici". Sono proprio dieci interventi pubblici quelli raccolti in Pubblici discorsi, pubblicato da Quodlibet nella collana "Compagnia Extra", diretta da Jean Talon ed Ermanno Cavazzoni. Una collana che ha già ospitato altri celebri autori emiliano romagnoli: Gianni Celati, Federico Fellini, Ugo Cornia. I dieci "pubblici discorsi" sono stati tenuti da Nori tra il 2002 e il 2008, in giro per l' Italia, in occasione di convegni, conferenze, presentazioni di volumi. Affrontano testi letterari, questioni di letteratura, linguistica, traduzione. Tutto, ovviamente, nello stile consueto dei suoi scritti, lontano da quello saggistico tradizionale, soprattutto accademico. I lettori di Nori ritroveranno in alcuni di questi interventi anche brani dei suoi romanzi, in certi casi come citazioni esplicite, in altri no. Ad esempio, il primo discorso, Le agenzie ippiche, «pronunciato a Imola in un mese e un giorno imprecisati del 2002, in occasione del convegno La biblioteca e l' immaginario», è poi apparso nel 2003 integralmente in Storia della Russia e dell' Italia, il romanzo epistolare scritto con l' amico Marco Raffaini, primo volume della collana LdM, ideata da Nori stesso per la casa editrice Fernandel. Questi "pubblici discorsi" sono fondamentali per avvicinarsi all' idea di scrittura e di letteratura dello scrittore parmigiano. Parlando di letteratura, di romanzi russi (come nei due lunghi interventi su Anna Karenina, a Correggio, nel gennaio 2008, in vista della data nella cittadina reggiana dello spettacolo di Nekrosius tratto dal romanzo di Tolstoj) e delle loro traduzioni, Nori parla di quella che definisce la lingua "inventata" per eccellenza: l' italiano, quello standard, che si impara a scuola, che si incontra nella letteratura tradizionale (e anche in quella contemporanea), e che, nella sua "letterarietà", dimostra la propria falsità, tanto da essere considerata «un' astrazione che assomiglia a un fantasma, non a una lingua». Un italiano a cui Nori si oppone, e al quale contrappone la sua ricerca stilistica: una lingua parlata, viva, quotidiana.