Recensioni / La fine dell'avanguardia


A cinquant'anni di distanza, la riedizione del celebre saggio brandiano del 1949 (seguono l'aggiornamento del '51 e una postilla del '78), viene elegantemente riproposta da Quodlibet in tutta la sua portata intuitiva, arguta e sensibile quanto scomoda e "imbarazzante", proprio nel dichiarare il cedimento dell'avanguardia - non però della modernità - già allora percepita come obsoleta; per quanto - suggerisce la cura di Paolo D'Angelo - il suo linguaggio, come le posizioni sul cinema o sul jazz, ad esempio, possano sembrare oggi invecchiate e improponibili. Una fine annunciata già dal Romanticismo, che incarna ante signum i caratteri essenziali propri dell'Avanguardia, progressivamente consumata nella programmatica rinuncia a un 'imperativo di novità' (ogni volta unica, l'avanguardia) e nella rottura sistematica con la tradizione, così come nell'affermazione di un'arte di massa e in una desolata "perdita di futuro".