Recensioni / Città piccole e felici

Mio marito fa l'urbanista, un giorno è tornato a casa con un libro di Giorgio Piccinato dal titolo quanto mai ammiccante: Studio sulla felicità urbana. Non ho resistito alla curiosità e ho cominciato a leggere le prime pagine, quelle più sociologiche e meno tecniche. Sono stata ampiamente premiata e volevo dividere questo premio con voi che avete mogli, mariti, amanti e fidanzati che fanno altri mestieri e non vi porteranno mai a casa testi di questo genere con notizie che, anche se ignoriamo, le assaporiamo ogni giorno sulla nostra pelle. Dunque, racconta il saggio che economisti, sociologi e psicologi hanno cominciato a indagare sulla relazione fra felicità e ricchezza.
Ne è risultato che l'aumento del reddito porta felicità fino a un certo livello al di là del quale nasce un paradosso: più reddito porta più infelicità. L'aumento dei redditi è un bene per i poveri, mentre ai ricchi porta ansia legata alla sempre crescente competizione con gli altri. Gli esperti, discutendo della «perdita di felicità nelle democrazie di mercato» hanno scoperto che: «la maggior parte dei piaceri della vita non passa per il mercato». Definire la felicità è un impresa ardua ma un primo passo può essere quellodi capire che esistono "città felici", dove il benessere collettivo si accompagna a un'alta qualità di vita, e "città infelici", quelle metropoli dove ci si conosce poco, ognuno tenta di sorpassare l'altro (sia in macchina sia nel reddito) e dove l'ansia e la competizione si annidano senza che i tuoi vicini capiscano che violenza e solitudine ti stanno trasformando. Insomma, la felicità urbana è un primo e sostanzioso passo verso la felicità in genere.
Nel libro si porta come esempio la città di Fermo, nelle Marche, circa 30.000 anime, spiegandone i perché sociali, storici, psicologici, urbanistici. Insomma, si vive meglio in una piccola città piuttosto che in una metropoli. Se sei una nonna o una mamma che legge raccontalo ai tuoi figli e ai tuoi nipoti. Ah, il sorriso del vicino.