Recensioni / Contingenza illimitata nicchie e dissociazione

Massimo De Carolis, in Il paradosso antropologico (Quodlibet, 2008), partendo dalla questione della natura umana, ne esplora il caratteristico spirito di apertura, e insieme il suo bisogno di ricrearsi nicchie. Il paradosso antropologico è proprio questo: gli esseri umani vivono in un ambiente caratterizzato da un grado illimitato di variabilità e, per sopravvivere, sono costretti a limitare questa variabilità, ma possono farlo solo utilizzando proprio quelle dimensioni dell'esperienza (linguaggio, lavoro) che producono un grado così elevato di contingenza. De Carolis, su questa base, caratterizza moderno e postmoderno come le età della scissione orizzontale e di quella verticale. Abbiamo rivolto all'autore tre domande.

Ci sono limiti alla “contingenza illimitata” dell'animale umano, alla sua possibilità di assumere conformazioni antropologiche diverse?

"Contingenza illimitata" non dev’essere confusa con l'idea che l'essere umano possa assumere qualunque forma di vita. È ovvio che ci sono dei vincoli, vincoli biologici, sia generici che specifici dell'essere umano. Per esempio, come giustamente dice Marx, l'uomo è caratterizzato del fatto che a differenza di altri organismi, non si limita vivere ma deve anche riprodurre le condizioni della sua vita. Con questo egli intende tante operazioni di interazione con l'ambiente, il lavoro, la conoscenza, che appartengono strutturalmente alla specie. Questi sono vincoli ai quali qualsiasi cultura umana deve rispondere. Il paradosso della condizione umana sta nel fatto che l’animale umano deve creare questa interazione col proprio ambiente utilizzando degli strumenti che sono essenzialmente il linguaggio e la prassi, caratterizzati appunto da questa “contingenza illimitata”, cioè da questa variabilità illimitata. Quindi, il problema che ogni cultura, che ogni singola forma di vita ha, è in qualche modo dare una forma coerente a questi due spiriti opposti: Chomsky ha perfettamente ragione: le lingue devono ottemperare ad una serie di vincoli senza i quali non sarebbe possibile generare una lingua. Ma la caratteristica paradossale della lingua è che questi vincoli sono proprio quelli che permettono la creatività linguistica. […] In un certo senso è vero che qualsiasi tratto può diventare antropologicamente significativo, ma lo può diventare soltanto a condizione che l’intero contesto si armonizzi con esso, in modo da ottemperare a quei vincoli generali indispensabili, strutturalmente necessari, per una cultura affinché essa, e l’esistenza specificamente umana si riproduca.

Sono i mutamenti socio-politici a causare (o almeno a orientare e selezionare) i mutamenti antropologici, o entrambi dipendono da altre determinazioni?

Dipende. Se con il termine "antropologico" intendiamo caratteristiche antropo-biologiche specie-specifiche, esse nel percorso storico non mutano, ed anzi costituiscono quella cornice di vincoli di cui parlavamo prima, e all’interno dei quali volta per volta il mutamento socio-politico spinge verso soluzioni diverse.
Ogni strategia esistenziale è una soluzione diversa ad un problema che verosimilmente tutte le strategie esistenziali hanno, e cioè, per esempio: - come venire a capo del vincolo paradossale per ogni essere umano tra le proprie rappresentazioni e le informazioni sulla realtà esterna?
È una caratteristica propriamente umana quella di trovarsi in una condizione di promiscuità strutturale fra rappresentazioni e fatti. Noi non accediamo ai fatti se non attraverso le rappresentazioni, e non c’è rappresentazione che non possa essere analizzata sotto il profilo dei fatti
se non attraverso le rappresentazioni, e non c’è rappresentazione che non possa essere analizzata sotto il profilo dei fatti (questo è quello che Wittgenstein chiamava solipsismo). Questa è una condizione paradossale, e quindi, uno dei problemi che ogni strategia esistenziale ha, è quella di trasformare questo paradosso da un limite, da un abisso in cui per esempio l’unità del soggetto, l’unità dell’io potrebbe precipitare e cadere, come di fatto succede ad esempio in crisi dissociative gravi, come trasformarlo invece in un fattore di coerenza ed un fattore di integrazione. Le forme di cura del Sé, di costruzione della soggettività, che sono molto diverse da epoca in epoca, di contesto in contesto sono diverse soluzioni a questo paradosso.
Se per caratteristiche antropologiche si intendono invece queste specifiche soluzioni al problema, è chiaro che volta per volta è l’insieme del contesto storico-sociale che premia delle soluzioni e ne scoraggia altre. Quindi, la ragione per cui, ad esempio, un certo sistema di vita monastica in determinate epoche è efficace e riesce in maniera efficace a tutelare il patrimonio culturale, in altre invece decade e si riduce ad essere una forma di vita, una scelta esistenziale marginale poco significativa, spesso spuria ecc., è chiaro che in questi casi verrebbe da dire che le condizioni storico-sociali sono quelle che esercitano la pressione selettiva e che mutano questa evoluzione. Ma è anche vero che queste sono volta per volta soluzioni diverse a problemi di cui non possiamo identificare invece una forma generale e che quindi presuppongono un fondamento antropologico che non è soggetto in maniera così effimera alla variazione delle circostanze.

Perché ritiene il modello di identità psichica basato sulla dissociazione e sul diniego della realtà esterna specifico delle configurazioni sociali contemporanee?

[…] In fondo quello che ha cambiato la riflessione sui meccanismi dissociativi è stato il dato di fatto che sono cambiate le patologie psichiche: non ci sono più i casi clinici di isteria di cui parlava Freud, e i loro successori contemporanei come i disturbi alimentari, le tossicodipendenze, ecc, sono patologie psichiche in cui salta agli occhi il fatto, che l'elemento dissociativo ha un peso determinante.
Questo non significa che l'elemento dissociativo ora sia diventato sano, mentre prima era patologico. È un meccanismo ambivalente che può produrre patologia come può produrre un’organizzazione della società bene o male efficace e interessante. Questo valeva prima come vale ora, solo che ora evidentemente la sua capacità, la sua possibilità di interagire in un contesto è aumentata, ed è aumentato il suo peso nel bene come nel male.