Recensioni / E il nonno Erasmus mi ha insegnato la polifonia culturale

Come nasce un libro? Basandomi sulla mia ultima esperienza direi che bisogna sempre fare affidamento sui nonni, intesi qualche volta come antichi maestri. Cioè, in altri termini, sulla catena delle affabulazioni. A prescindere dall'ammirazione per i suoi scritti, infatti, probabilmente la prima idea di scrivere un libro di poesie su Darwin mi è balenata scoprendo che il nonno, il medico Erasmus Darwin, oltre a inventare i pozzi artesiani aveva rappresentato in versi la teoria dell'evoluzione di Lamarck. Se quell’approccio alla scienza era stato possibile allora, perché non riprovarci adesso? Sappiamo che l'attrazione che la natura esercita sulla psiche umana è innata e si definisce biofilia: come lasciar cadere la possibilità di una sua rappresentazione estetica? A ben guardare, le intuizioni di Darwin fanno capolino dappertutto, quindi anche all'interno della poesia. Certo, non tutto è stato semplice, credo che per ogni scrittore sia stranissimo calarsi nell’opera di uno scienziato, perchè si vede costretto a fare i conti con un tessuto di teorie sistematiche percepite dalla scrittura come una materia sottile del linguaggio, una specie di sostanza segreta già apparentemente confezionata che germoglia di nuovo nella propria elaborazione.
L'idea base che personalmente mi ha affascinato in Darwin, e che mi guida da sempre, è quella della metamorfosi. Ne ho fatto quasi un'epica profonda, e mi sembrava interessante riversare la spaziosità di quest'epica contro l'idea di controllo così incombente nelle scienze applicate. E Darwin con la sua natura stupita e profondamente democratica era evidentemente un esploratore più che un erogatore di controllo. Secondo me, ad esempio, la sua idea di ereditarietà che allude nel tempo all'asse familiare evoca, attraverso la teoria delle piccole progressioni del cambiamento, un sistema orizzontale, di passaggio fraterno, opposto in ultima analisi alla verticalità epidica e metafisica attribuita di norma alla trasmissione. La metamorfosi come elemento fraterno: non è questa un’idea bellissima, vicina in qualche misura al fondamento della poesia? Non è il barlume di una speranza non gerarchica? E gli scienziati, quelli veri, non sono immersi nell'elemento creativo? Per me quindi valeva la pena tentare di aprire la materia di una teoria scientifica all'apporto di alcuni elementi classici come la tragedia, il mito, la metafora, cercando a tentoni il varco verso un'epistemologia inconscia. Del resto proprio uno scienziato, Bateson, elaborando la sua fittissima struttura che connette ha parlato di una complessità organizzativa del vivente che non consente meccanicismi. E ha invitato a una metaforizzazione della scienza. Io non ho fatto altro nei miei versi che imbucarmi in quest'idea di polifonia culturale. Ha detto Bateson che «la natura pensa per storie, racconta storie». E l'evoluzione allora non è per noi poeti una versione delle Mille e una notte che le specie si raccontano per non morire? Alla fine nella teoria di Darwin circola un ascolto profondo delle leggi naturali che è anche un invito all'apertura, all'attenzione verso ciò che ci appare, nudo, dinanzi. Per chi sa respirare i mutamenti è un percorso verso la riconciliazione.