Recensioni / Se gli inoperosi diventano un partito

Negli anni Sessanta suonava provocatorio inventare titoli come «Fenomenologia di Mike Bongiorno», «Sistema della Moda», «Grammatica della Fantasia», abbinando una promessa di rigore scientifico a un oggetto di studio poco serio, perché effimero o volatile. Ma, come fanno certe profezie, anche gli scherzi sono capaci di avverarsi da soli. Lo stesso Umberto Eco, con la complicità di Ezio Raimondi, ha inventato un'intera Facoltà di irrilevanza Comparata, con dipartimenti e insegnamenti come «Urbanistica tzigana», «Anatomia delle tigri africane» o «Storia delle tradizioni innovative»; ma poi ha dovuto smettere il gioco, perché si è accorto che il sapere ufficiale intanto secerneva campi di studio non meno paradossali, come il marxismo neoliberista.
Tempi duri, insomma, per chi intenda scherzare con il sapere. Qualche anno fa, un convegno sullo stato dell'università, organizzato dall'ateneo salernitano, censiva insegnamenti realmente dedicati a materie come «Scienze sociali per lo sviluppo e la pace», «Benessere del cane e del gatto» e «Scienze del fitness» (coming out: chi scrive ha insegnato per tre anni «Semiologia dei linguaggi creativi» nella serissima Università di Bergamo). Già tanti anni fa, quando Ugo Volli ricopriva al Dams l'insegnamento di «Strutture della figurazione», proprio Umberto Eco, come direttore dell'istituto, richiese al ministero di poter intitolare in modo meno fantomatico la cattedra. La risposta fu positiva, ma a patto che la materia d'insegnamento non cambiasse.
La realtà, insomma, tiene sotto scacco la fantasia, quando si tratta di immaginare accademie e relative materie di studio. Proprio tra fantasia e realtà si muove l'ultimo libro di Paolo Albani, Dizionario degli istituti anomali nel mondo (Quodlibet, pagg. 286, €14,50), un esilarante e in effetti anche molto utile censimento di discipline e società intellettuali bizzarre e altre fumisterie che tendono al delirio. Club di gaffeur, di idioti, di inoperosi, di suicidi, di parenticidi; società per la resurrezione dei morti e scuole elementari per diventare malati di mente; il Partito conservatore e comunista in Italia, fondato dallo scrittore Antonio Delfini, e il Partito del progresso moderato nei limiti della legge, immaginato dal ceco Jaroskav Hasek.
Il progetto di Paolo Albani non è meno bizzarro dei suoi oggetti di studio e si fonda su un'ontologia altrettanto peculiare. Albani infatti non distingue preliminarmente fra istituti realmente esistenti (come l'Istituto Orgone di Wilhelm Reich) e istituti esistenti all'interno di narrazioni (come l'Accademia di Lagado che Lemuel Gulliver visita nel terzo dei suoi viaggi narrati da Jonathan Swift). Il suo libro censisce anche, e soprattutto, esemplari intermedi, istituti esistenti in un limbo sospeso fra la Terra e la Luna, come quell'Accademia degli Informi, che raccolse Delfini, Gaio Fratini, Giambattista Vicari, Mario Tobino sotto il motto «O si fa sul serio o si muore». In realtà distinguere tra realtà e fantasia non è un affare da poco: le comunità intellettuali sono sempre entità abbondantemente mentali, anche quando la loro importanza storica (come per il Collège de Sociologie di Georges Bataille, Roger Caillois e Michel Leiris, ma anche per la Stoà di Zenone o per l’Accademia della Crusca) tenderebbe a farli ritenere compiutamente e solidamente reali. Al loro fondo c’è certamente quello spirito associativo che porta già i bambini a fondare club fantastici, con tutto il fascino dei nomi (spesso, degli pseudonimi), dei regolamenti, dei timbri e delle carte intestate: un gioco a trasformare la propria identità attraverso una collettività.
Non esiste istituto, insomma, che non sia anomalo se visto da vicino: quelli elencati da Albani sono anomali solo perché la loro materia o la loro ragione sociale non è stata mai aggregata all'ufficialità del sapere. Nel momento in cui lo stesso Albani se ne elegge enciclopedista già li rende meno anomali, perché la registrazione (fra l'altro scrupolosa: elenchi di soci, sintesi di attività e regolamenti, bibliografia) è il primo passo per la loro regolarizzazione.
Albani non è nuovo a questo tipo di imprese: assieme a diversi complici ha già compilato repertori di lingue inventate, di scienze anomale, di libri immaginari e la sua rivista Tèchne riprende e tramanda lo spirito del gioco letterario e di ogni altro paradosso della scrittura che ha animato tutto il Novecento del surrealismo, della patafisica, dell'Oulipo di Raymond Queneau e soci, del Caffè di Giambattista Vicari. Tutto ciò, senza mai badare troppo alle differenze fra il reale, il letterario e l'immaginario. Il pensiero precede queste distinzioni, come ogni altra classificazione accademica, ed è a quello che punta, sia pure con aria svagata, il lavoro di Albani: a quella regione ancora indeterminata in cui la forma del pensiero non ha ancora preso in considerazione l'essere possibile o impossibile, plausibile o implausibile, utile o inutile.
Nello scorso aprile è uscito negli Stati Uniti un libro postumo di David Foster Wallace, con il titolo di This is water (l'edizione italiana di Einaudi uscirà a settembre). Si tratta di una prolusione, bellissima, che Foster Wallace fu invitato a tenere per inaugurare l'anno scolastico 2005-2006 al Kenyon College, nell'Ohio. Preoccupato che gli studenti che lo ascoltavano potessero interpretare il suo discorso (e il fatto stesso di frequentare una scuola) come una fastidiosa indicazione su «come pensare», Foster Wallace precisò subito un fatto importante: «Quello che si suppone sia possibile ottenere in un posto come questo, in termini di significativa educazione al pensiero, in realtà non riguarda la capacità di pensare ma piuttosto la scelta di ciò a cui pensare».
Alla fine è tutto lì: scegliere a cosa pensare, ripercorrere il consueto o pensare all’anomalo, che spesso è poi solo una dimensione (segreta eppure pienamente evidente) del consueto. La sua istituzione arriverà con il tempo, e Paolo Albani sarà ancora lì a registrarlo.