Recensioni / Un uomo che dorme

Un uomo che dorme, terzo romanzo di Georges Perec, è il racconto dell'improvvisa retraite dal mondo di uno studente che una mattina decide di non presentarsi a un esame. Da quel momento in poi la sua avventura umana è tutta un'educazione all'indifferenza e all'inazione, le giornate un catalogo di gesti risibili, sempre uguali: alzarsi, leggere «le Monde», mangiare, perimetrare palmo a palmo le strade di Parigi, lasciarsi vivere. Per descrivere questa formazione all'incontrario la scrittura di Perec si fa puntiforme, mai lineare, tutta concentrata sui dati fenomenologici dell'esistenza, muovendosi su due piani, ovvero i ritmi della veglia (i modi in cui lo studente impiega il suo tempo) e del sonno (le visioni in dormiveglia, che lo scrittore registrava su un quaderno sempre a portata di mano), ma soprattutto registrando con precisione estrema i movimenti del corpo e i modi in cui lo studente arriva a dismettere ogni aspettativa e a sottrarre peso e materiale al proprio stare al mondo. Sintonica in questo con la poetica della sparizione e della sottrazione tipica di Perec, e in linea con una lunga genealogia di eroi della rinuncia e della retraite esplicitamente o meno citati nel testo (Bartleby, Malte Laurids Brigge). Fino al colpo di coda finale, quando l'atarassia si rovescia di nuovo in prossimità, e una presa sul mondo sembra di nuovo possibile.