Lei ha pubblicato qualche anno fa Giuseppe Terragni. Trasformazioni, scomposizioni, critiche (Quodlibet). Come si è interessato a lui? «Ricordo che stavo a Cambridge per il mio dottorato, e dopo un viaggio a Como un mio compagno mi disse: "Ho avuto una vera rivelazione, là. Ho visto qualcosa che non avevo mai visto prima". E quando arrivò il momento di lavorare alla mia tesi, passai tutta l'estate a Como a far ricerche su Terragni. Ma non fu facile, perché Terragni era stato fascista, e agli inizi degli anni Sessanta c'era una congiura del silenzio su di lui. I comunisti e Tafuri furono i primi capaci di studiare il lavoro di Terragni».