Recensioni / Da Goethe a Magris la nuova geografia della letteratura tedesca

Latitudini e punti cardinali di una geografia dell’anima, non solo confini e mappe di un paesaggio reale. Una bussola per orientarsi nella grammatica del girovagare entro l’Europa di lingua tedesca, e non solo. È «L’Atlante della letteratura tedesca», il volume appena pubblicato da Quodlibet, che verrà presentato oggi, alle 18, al Caffè Tommaseo di Trieste in un incontro a ingresso libero proposto dal Goethe Institut in collaborazione con il Dipartimento di Letterature straniere dell’Università di Trieste.

All’incontro odierno interverranno i curatori del volume Francesco Fiorentino e Giovanni Sampaolo, germanisti dell’Università di Roma 3, il giornalista del «Sole 24Ore» Andrea Casalegno, lo scrittore Veit Heinichen e, per l’Università di Trieste, Maria Cristina Benussi e Maria Carolina Foi, che introdurrà gli ospiti (lei stessa è autrice, all’interno del volume, delle pagine intitolate «Il Rütli» e «Trieste»).

Strumento di ricerca destinato non solo allo studente ma a chiunque sia interessato alla cultura di lingua tedesca, l’opera a più voci è dedicata a Marino Freschi, «un protagonista della germanistica italiana», per il suo 65esimo compleanno.

Oltre sessanta studiosi hanno ricostruito attraverso i loro brevi saggi, integrati da carte geografiche tematiche, una «rete di luoghi collegati da fili molteplici: la Weimar di Goethe e Schiller, la Lubecca di Thomas Mann, la Berlino di Günther Grass, fiumi densi di leggende come il Danubio riscoperto da Claudio Magris, teatri come il Berliner Ensamble di Brecht, ma anche tutto un Est che parlava yiddish e le tappe dell’esilio di tanti scrittori che fuggirono dalla barbarie nazista e dall’Olocausto».

Si sorvolano l’Austria, la Germania, la Svizzera, le terre delle minoranze di lingua tedesca quali la Praga di Kafka, la Romania e l’Alto Adige, ma anche l’America, l’antica Grecia, Parigi, Londra, la Cina, il Giappone, l’India, l’Egitto e la Persia.

Nell’anno in cui si festeggiano i 20 anni della caduta del Muro di Berlino, il saggio di Pasquale Gallo introduce la coordinata interiore della «Ostalgie», una sorta di malinconia, di nostalgia dell’Est che «permea senza grandi rimpianti e recriminazioni la rivisitazione dei luoghi e momenti del passato, che nei più giovani prende le forme di una mordente ironia».