Recensioni / Strettoie

C’è qualcosa di molto importante che si può apprendere dalla lettura di questo breve testo introduttivo al metodo di lavoro e alla vita di Peter Szondi, l’egemonia dell’ermeneutica di Heidegger e di Gadamer ha un’alternativa: «L’ermeneutica di Szondi procede in effetti ad una analisi del testo che si scontra con le precedenti teorie, in prima linea con l’ermeneutica filosofica inaugurata da Heidegger e professata ancora da Gadamer. L’attenzione di Szondi per la cifra testuale, per il particolare, il frammento secondo la lezione di Benjamin, implica una distanza critica che permette all’interprete di considerare in una volta sia la complessità dell’opera completa che la complessità degli oggetti particolari all’interno dell’opera stessa» (p. 12).
Non è un caso che nella vita del critico Szondi, [basta scorrere la sua bio-bibliografia (pp. 97-110)] ci si imbatta spesso nello sguardo, che tutto coglie, della filosofia. Al di là dei nomi che ricorrono, Heidegger, Gadamer, Adorno e Benjamin, basterebbe solo la loro evocazione per comprendere la portata della ricerca di Szondi: la dialettica che necessariamente viene ad essere messa in opera dallo stesso sguardo dell'interprete sull’opera. Cercando di comprendere il testo nella sua totalità e nella complessità dei particolari che lo formano, necessariamente si deve tener conto di come il testo completo e i frammenti che lo compongono dialoghino fra loro.