Recensioni / Saggistica letteraria: Atlante della letteratura tedesca

Questo ponderoso Atlante procede secondo un metodo caro al dedicatario, il germanista Marino Freschi: l’esplorazione della letteratura non soltanto lungo l’asse cronologica delle epoche, ma anche nella sua dimensione geografica. I luoghi della letteratura tedesca, come è noto, non si trovano solo all’interno dei confini della Germania, dell’Austria e della Svizzera tedesca, ma comprendono anche territori e isole linguistiche come la Praga di Franz Kafka, la Cernowitz di Paul Celan o il Banato di Herta Müller. Queste regioni culturali sono state analizzate anche da altri studiosi come Ladislao Mittner e Claudio Magris, ma mai in modo così sistematico come in questo nuovo Atlante, curato con una sapiente regia.
Il risultato è un impressionante panorama della letteratura di lingua tedesca in più di settanta brevi saggi, organizzati non solo in coordinate temporali, ma anche spaziali come città, regioni, luogi letterari, o in alcuni casi anche solo concettuali. Un raffinato sistema di rimandi permette di “navigare” in questo volume, come in  un ipertesto, saltando da un “link” all’altro, grazie alle freccette che indicano un collegamento con un ulteriore “spazio virtuale” nell’immenso regno della carta e delle lettere tedesche. Per esempio: “La Praga di Kafka” oppure “Berlino dopo il muro”. Nasce così una dettagliata mappa del territorio spirituale di lingua tedesca in più di seicento pagine, letteralmente “un mattone” che potrebbe essere la prima pietra per una futura letteratura europea o mondiale.
Oggi la geografia e i suoi derivati sono quasi una moda, la “geopolitica” è sulla bocca di tutti, di recente è stata pubblicata persino una Geografia della democrazia (di Eugenio Somani, il Mulino, 2009). Nella cultura tedesca dell’ultimo mezzo secolo invece questo tema era quasi un tabù, perché il nazionalsocialismo aveva abusato anche del rapporto fra geografia e letteratura. Un enorme danno è stato fatto in particolare dalla Literaturgeschichte der deutschen Stämme und Landschaften (“Storia letteraria delle stirpi e dei paesaggi tedeschi”, uscita a partire dal 1912, ma palesemente filonazista nelle edizioni 1938-41) del germanista austriaco Josef  Nadler, poiché in questo popolare manuale la parola stirpe odorava sempre di razza, e i paesaggi avevano il sapore del “sangue e zolla” dei territori rivendicati. Doveva passare quasi mezzo secolo prima che in Germania potessero uscire studi come Deutsche Erinnerungsorte (“Luoghi di memoria tedeschi”, 2001) di Hagen Shulze e Etienne François. In Italia, con notevole anticipo, si affermò Carlo Dionisotti con la Geografia e storia della letteratura italiana (1967), contemporaneamente agli studi di Mittner, già molto attenti all’aspetto storico-geografico della letteratura tedesca.
Il nuovo Atlante comincia con due capitoli sugli spazi mentali lungo i fiumi simbolo, il Reno e il Danubio, quest’ultimo già ampiamente esplorato da Magris. Seguono una serie di contributi sulle “piccole capitali” come Lipsia, Gottinga, Heidelberg e su quella Dresda “meridionale” che aveva tanto affascinato il prussiano Kleist. Molto rilievo viene dato anche agli “spazi di confine”, Königsberg, Strasburgo, la Bucovina, il Banato, la Transilvania e il Sudtirolo. Spiccano per competenza e slancio i saggi dei curatori: Francesco Fiorentino, che presenta la Zurigo dell’Ottocento e del Novecento, e Giovanni Sampaolo, che invece ci prende sottobraccio e con spiegazioni brillanti ci porta a spasso nella Weimar classica – Goethe qua e Schiller là – facendoci sentire “quasi in pellegrinaggio”, come il giovane Kafka quando visitò quel luogo sacro, l’indiscusso epicentro nella geografia della letteratura tedesca.