Recensioni / Due strategie opposte dell' Europa nei rapporti con i mondi lontani

Pistole e archibugi da una parte, manoscritti e teoremi dall'altra; la certezza di essere a contatto con esseri bestiali degni di schiavitù o la convinzione di avere a che fare con uomini degni di rispetto? Voler imporre la propria lingua e la propria cultura o parlare la loro lingua e adeguarsi ai loro costumi? Rapinare ricchezze o condividere la geometria euclidea e fare tesoro dei loro classici? : Due concezioni diametralmente opposte di rapporto con l'«altro» si incarnano nelle esperienze compiute dai conquistadores nel Nuovo Mondo (1492) e da Matteo Ricci in Cina (1583). Si tratta di realtà culturali profondamente diverse, è vero. Si tratta di spedizioni effettuate in momenti distinti (l'ultimo decennio del Quattrocento e l' ultimo ventennio del Cinquecento), certamente. Si tratta di popoli che avevano un' organizzazione sociale incomparabilmente differente, non c' è dubbio. Si tratta di una «conquista» con un esercito alle spalle e di un tentativo («fallito») di evangelizzazione dall' altra, non si discute. Restano evidenti, però, due strategie così distanti che hanno finito per disegnare modelli incompatibili di relazione con civiltà lontane da quelle occidentali. La scoperta del Nuovo Mondo suscitò immediatamente un vasto dibattito in Europa sulla diversità dei popoli, sulla schiavitù, sui rapporti tra «bestialità» e «umanità», tra cultura e barbarie, tra natura e civiltà. In che maniera il vecchio continente avrebbe dovuto comportarsi di fronte all' «altro»? Le risposte furono molteplici e contraddittorie. Le tesi dell' umanista Juan Ginés de Sepúlveda - che considerava gli indios schiavi per natura a causa della loro barbarie - giustificavano, di fatto, la violenza dei conquistadores contro gli indigeni che, mostrandosi ostili alla conversione, meritavano di essere «presi et fatti schiavi, abbruciati et ammazzati, facendo ogni stratio delle lor carni e della vita».