Recensioni / "Ma dove sono finiti i tarli della coscienza?"

«Mi ero innamorato dell’idea di andare via dall’università, cambiare contesto voleva dire anche cambiare il punto di vista sulla narrativa e sulla poesia...». Insegnando la letteratura «non più astrattamente» ma facendone «uno strumento di conoscenza anche politica...».
Ed è proprio questa l’attività che oggi l’ex docente – abbandonati i panni dello studioso- smussa angoli per la spada affilata del critico-combattente - persegue da tempo attraverso i suoi discussi libri, da Casi critici (Quodlibet) a L’eroe che pensa (Einaudi) a Che noia la poesia (Einaudi) scritto con Hans Magnus Enzensberger. «Adorno di Monteverde»: lo ha ribattezzato non senza un pizzico di malizia, il poeta Valentino Zeichen.

Un altro paradosso lo ha poi concepito e realizzato con Diario, singolare rivista redatta da Berardinelli con il saggista Piergiorgio Bellocchio. E adesso, di questa pubblicazione - che rappresenta un unicum, un artigianato culturale di cui direttori-editoriautori sono stati dal 1985 al 1993 solo i due factotum -, arriva la ristampa anastatica (Quodlibet). Così si potranno leggere i saggi dedicati a Baudelaire, Tolstoj, Herzen, Thoreau e le demolizioni indirizzate ad Heidegger, Derrida, Emanuele Severino, Elémire Zolla, Mario Tronti e altri.

«Sono diventato critico per ragioni sociali e politiche. Credo che un critico letterario sia sempre ispirato da un suo demone che non riguarda solo la letteratura ma i rapporti con la vita comune e con le regole sociali. Gli scrittori mi interessano come individui asociali, antisociali. Scrivere critica è diventato il mio modo di fare letteratura».