Recensioni / Singapore Songlines Ritratto di una metropoli Potemkin...o trent'anni di tabula rasa

I manifesti creativi sulla città moderna nascono e trovano applicazione in America e in Europa nei primi ottant’anni del ‘900, al tempo dei balzi doppi dell’espansione urbana e demografica. Negli ultimi trent’anni le concettualizzazioni e le costruzioni delle città fioriscono in zone altre. In Oriente, accompagnando lo sviluppo economico, la novità legata alla modernizzazione del contesto urbano esplode, mentre, in Occidente, la stessa novità si esaurisce e diventa uno sterile studio per specialisti.
Oltrepassando i confini della costruzione e indagando le possibilità dell’architettura come attività intellettuale, Rem Koolhaas racconta il singolare sviluppo urbano della città di Singapore. Un’isola, una città, ex colonia dell’Impero britannico, divenuta autonoma nel 1959. A partire dagli anni ’60 fu completamente distrutta, denaturata e poi ricostruita sotto il regime di Lee Kuan Yew, in nome della sopravvivenza di Singapore come isola-nazione indipendente. Singapore è “occidentale”, ma allo stesso tempo resta una città asiatica, perché il carattere di occidentalità è puro, svincolato dalle sue stesse radici culturali e politiche. L’isola intera diventa terreno fertile per uno sviluppo caoticamente voluto, configurando Singapore come il più vivace laboratorio di sperimentazioni urbanistiche del globo. Un ottimo quaderno Quodlibet. (via caffeatellano.blogspot.com)