Lo spazio comune cui fa riferimento il titolo è lo spazio che le città ospitano ed all’interno del quale si verificano pratiche sociali, un luogo di incontro e confronto tra il singolo, l’individuo, e la dimensione più propriamente collettiva. E’ questa la prioritaria dimensione di indagine che il testo affronta, attraverso una analisi attenta di tre aree tematiche principali, ovvero i processi, i modelli e le politiche relative allo spazio urbano, che costituiscono le questioni di interesse che animano la discussione attraverso i saggi dei vari autori.
La questione più diffusamente approfondita dagli autori riguarda le trasformazioni urbane ed il rapporto che queste intrattengono con cambiamenti di tipo sociale. Per questo motivo particolarmente illuminante risulta la carrellata critica proposta all’inizio del volume , in cui sono descritte le esperienze di pianificazione urbana ed i legami di questa con la dimensione più propriamente legata alla società. Infatti, i primi piani regolatori, a partire dalla Parigi di Hausmann e la Berlino prussiana, senza escludere le città del Regno d’Italia, propongono interventi programmatici di tipo strutturale, che indicando direzioni per il riuso e la trasformazione urbana, si basano su una visione prospettica fiduciosa ed aperta. Tale visione si costruisce saldamente sulle condizioni di una certa stabilità politica, tipiche del tempo, ed utilizza gli strumenti messi a disposizione dalla tecnocrazia; i piani così strutturati, fanno dunque riferimento, non solo a sistemi di pianificazione, ma si ripropongono di utilizzare le specifiche competenze tecniche per la gestione dei vari cambiamenti proposti.
I primi modelli di intervento sono basati sull’idea che i nuovi spazi urbani comprendano servizi e strutture che consentano un uso ed accesso della città analogo per tutti i cittadini, pur con le varie differenze sociali, lasciando al contempo spazio per un mescolamento sociale.
Si sviluppa, da questo momento in poi ( a partire dall’inizio del Novecento), una proposta urbana che prevede una dilatazione sia fisica che concettuale della città. Essa, in termini di forma urbana, si propone di risolvere la tensione tra uniformità e gerarchia attraverso l’uso di schemi ortogonali, come nella Barcellona di Cerdà o nella Parigi hausmanniana.