Lo stato della filosofia, in Italia, non è dei migliori. L’eredità della
cultura crociano-gentiliana ha prodotto un esercito di eruditi che
studia propriamente storia della filosofia, un manipolo di specialisti
che si occupano di logica e alcuni pomposi personaggi che ritengono di
occuparsi di filosofia a tutto tondo inanellando discorsi sapienziali su
Uomo, Mondo, Tecnica o Cose Ultime - tutto rigorosamente maiuscolo, per
far capire che appunto di «filosofia» si tratta. Le cose più
interessanti provengono oggi dal settore disciplinare della filosofia
della scienza, ma la pesante eredità di cui sopra ha marginalizzato
questi studi - che prima del prevalere dell’idealismo vantavano una
tradizione di grandissimo prestigio - facendone uno specialismo di
secondaria importanza accademica.
Le cose vanno ben altrimenti in
Francia, dove la filosofia è - in tutta la tradizione novecentesca, ma
si può ovviamente risalire oltre - eminentemente filosofia della
scienza, epistemologia nel senso forte di discorso sulla conoscenza,
dunque interrogazione dei saperi: non solo e non tanto per distillarne
un metodo astratto e formale con pretese universalistiche, quanto per
comprendere le modalità concrete - innanzitutto storiche e sociali - che
determinano cambiamenti concettuali, «rotture epistemologiche»,
«rivoluzioni scientifiche». Sono perciò da salutare con grande favore i
tentativi di far conoscere in Italia l’importantissimo filone di studi
di epistemologia e storia della scienza di provenienza francese. Negli
ultimi anni ce ne sono stati di cospicui: ad esempio la collana
Epistemologia della casa editrice Mimesis di Milano, che ha proposto dal
2003 ad oggi testi di Alexandre Koyré, Georges Canguilhem, Gaston
Bachelard e Jean Cavaillès; ed alcuni numeri della rivista Discipline
filosofiche. Quello che qui recensiamo risulta particolarmente
interessante per la capacità di interrogare alcuni sviluppi recentissimi
relativi al campo delle scienze della vita, in cui i curatori vedono
delinearsi una convergenza di studi provenienti da diversi settori sui
temi evoluzione, sviluppo e cognizione nella direzione di una
«prospettiva sintetica».
La prima parte della raccolta propone un
quadro - non esaustivo, evidentemente, ma sufficientemente ampio -
dell’epistemologia francese novecentesca, rintracciando entro questo
alveo l’originale percorso della riflessione sulla biologia intesa come
tematizzazione della vita. In apertura vengono presentati due testi di
autori ormai classici: Georges Canguilhem, Logica del vivente e storia
della biologia, che propone una straordinaria rilettura dell’opera del
grande biologo francese François Jacob; e Raymond Ruyer,
L’individualità, scritto quest’ultimo di estremo interesse. Ruyer è un
«filosofo biologico» poco conosciuto in Italia (certamente meno di
Canguilhem, che pure vi fa ampio riferimento), ma le ottime note che
corredano i testi (di Andrea Cavazzini per Canguilhem e di Fabrice
Colonna per Ruyer) aiutano ad inquadrare correttamente gli autori. È il
caso di sottolinearlo con lode, perché un ennesimo difetto degli studi
filosofici all’italiana consiste nell’importare autori stranieri,
oggetto di mode spesso effimere, avulsi dal contesto culturale di
provenienza: è stato il caso, ad esempio - per citare un nome che
ricorre negli articoli di questo numero di Discipline filosofiche - di
Michel Foucault. Seguono due articoli che fanno il punto sulla
problematica concettualizzazione del «vivente»- tra filosofia e scienze,
tra realtà e conoscenza: Frédéric Worms, Il problema del vivente e la
filosofia del XX secolo in Francia e Andrea Cavazzini, Il concetto e la
vita tra filosofia e scienze.
La seconda parte della raccolta è
dedicata - come si accennava - a una stringente interrogazione del
presente scientifico, ossia di alcune recentissime elaborazioni,
successive a quella che a buon diritto si può ormai definire la «crisi»
della Sintesi Moderna e alle riformulazioni che la stessa teoria
dell’evoluzione ha conseguentemente ricevuto (di questa crisi, dei nuovi
concetti introdotti - come exaptation - e di quelli ripresi dal passato
- come Baupläne, rivisitato come «vincolo strutturale» - danno conto i
saggi di Elena Gagliasso, Baupläne e vincoli di struttura: da ostacoli a
strumenti e Telmo Pievani, Exaptation: la logica evolutiva del vivente
tra funzioni e strutture). In particolare la riflessione verte, in primo
luogo, sugli studi Alain Prochiantz che affronta nei termini della
nuova disciplina EVO-DEVO la neotenia responsabile dello sviluppo
cerebrale umano, in cui anche Stephen J. Gould collocava la specificità
(non la superiorità) di homo sapiens. Da questa prospettiva, in cui
convergono i nuovi concetti della teoria dell’evoluzione, le
acquisizioni della genetica dello sviluppo (spiegate con esemplare
chiarezza da Alberto Gualandi, L’individuazione neotenica umana e la
genesi exattante e comunicativa del «senso») e quelle delle
neuroscienze, emerge un nuovo approccio all’antropologia capace di
superare in modo originale e radicale tanto il dualismo corpo-mente
quanto quello natura-cultura. In secondo luogo vengono proposti gli
studi dell’etologo Dominique Lestel, di cui qui è tradotto il saggio
Pensare con l’animale: una critica del «paradigma realista-cartesiano»
finora prevalente in questo campo disciplinare, cui viene contrapposto
un «paradigma bi-costruttivista» capace, anziché di pensare l’animale,
di pensare appunto con l’animale evidenziando in quest’ultimo gli
elementi di creatività e donazione di senso messi in ombra da un
approccio che l’autore non esita a definire «colonialista». E’ chiaro
che in questa prospettiva un altro dualismo va a pezzi: quello che
oppone umanità e animalità. Gli studi di Prochiantz e quelli di Lestel
si incontrano - benché il primo autore sia interessato soprattutto alla
specificità dell’uomo, il secondo alla contiguità tra uomo e animali -
nel rifiuto della dicotomia istinto-intelligenza (di Prochiantz è
presente, in questa raccolta, l’articolo Istinto e intelligenza che
ridefinisce questi termini con notevole originalità) e nella convergenza
di natura e cultura: perché per Lestel non solo l’uomo, ma ciascun
animale in quanto individuo, risulta dalla «convergenza della storia
biologica e della storia culturale».
Gli ultimi tre saggi della
raccolta, infine, propongono una riflessione che potremmo definire
trans-disciplinare. Patrizia A. d’Alessio, Biologia dell’elasticità,
esamina la nozione di elasticità in quanto «è una proprietà della
materia, ma anche una proprietà delle cellule [...] ed ancora: essa è in
gioco nelle relazioni umane» - dunque a cavallo tra fisica, biologia e
scienze umane. Giuseppe Longo, Antinomie e polarità, determinazione e
aleatorietà nel processo vivente della materia propone un confronto tra
teorie fisiche e teorie biologiche, alla ricerca di un allontanamento
«dalle tempeste che infuriano tra la Scilla del fiscalismo e la Cariddi
del vitalismo», ossia di un apparato concettuale capace di dar conto
della specificità del vivente senza pensarlo altro rispetto al corpo -
per altro problematico - delle «leggi esistenti della fisica». Jean
Petitot, Modelli dinamici di morfogenesi e teorie della forma, mostra lo
«sviluppo spettacolare» che a partire dalla fine degli anni ‘60 la
conoscenza dei processi morfogenetici ha conosciuto in numerosi domini -
in fisica e in chimica, in biologia e nelle neuroscienze cognitive. In
questi saggi emerge con forza quella convergenza verso una possibile
«prospettiva sintetica» che i curatori segnalano nell’Introduzione,
delineando un ruolo possibile - e vorrei aggiungere dignitoso - per la
stessa filosofia: esplicitare le novità filosofiche presenti nelle
attuali novità scientifiche, permettere in tal modo la circolazione di
temi e di concetti oltre i confini disciplinari specialistici, collocare
i nuovi risultati e le nuove tendenze in un più ampio contesto storico,
sociale e culturale - termine quest’ultimo che include altri saperi e
altre pratiche oltre a quelle accademiche.